Descrizione generale
Poco conosciuti ed ancor meno salite, specie il Monte Cimone, queste
due vette sono collocate a mò di spartiacque tra la lunga valle del
torrente Bondione e la zona a valle del Lago di Barbellino. La costiera
che scende dal Tre Confini, passa prima dal Cimone e poi dal Pomnolo e
degrada ormai boscosa fino al Monte Toazzo, sopra l'abitato di Lizzola.
La vista offerta sui giganti delle Orobie (Coca, Redorta, Recastello,
Diavolo di Malgina e compagnia bella...) dalla sommità del Cimone è
molto affascinante e diretta. La camminata può essere divisa in tre
parti: la prima fino alla cima del Pomnolo, adatta a tutti; la seconda
fino alla vetta del Cimone e ritorno al Pomnolo è riservata ad
escursionisti erperti e avvezzi a muoversi su terreno scosceso, privo
di tracce ed esposto, anche se in realtà non presenta difficoltà
tecniche a livello alpinistico; la terza parte è quella più rilassante
e ci conduce a godere della pace e della tranquillità della zona ai
piedi del Pinnacolo di Maslana, slanciato torrione roccioso posto alla
base delle pendici del Pizzo di Coca, poco sopra il fiume Serio e del
borgo omonimo.
Descrizione percorso
Giunti a Valbondione, quasi al termine della Valle Seriana, verso il
vero ramo percorso dal fiume Serio, lasciamo l'auto nei pressi della
partenza del sentiero n. 301 per il rifugio Coca, in questo modo saremo
più comodi al ritorno. Non seguiamo il detto sentiero, ma, viso al
sentiero, ci dirigiamo lungo la via asfaltata alle nostre spalle fino
ad arrivare all'inizio del senteiro n. 305 che conduce al rifugio Curò.
Percorriamo quindi l'ampio sentiero sterrato che, dopo aver superato
alcune case, si immette in un fitto bosco misto. Sale con pendenza
regolare fino a fuoriuscire dal bosco nei pressi di una fonte d'acqua
che scende da destra. Proseguiamo con minor pendenza, avendo già in
vista il lontano rifugio, ben alto sopra le nostre teste. Il percorso
prosegue su terreno più aperto, passa una seconda fonte a destra,
supera un torrente e con un tornante verso sinistra continua a salire,
Qui si trova la poco visibile deviazione verso sinistra che prenderemo
al ritorno per abbassarci fino all'osservatorio di Maslana ed al borgo
omonimo. Noi continuiamo lungo il sentiero 305. Ora, dopo un breve
tratto boscoso, torniamo all'aperto ed iniziamo una serie di lunghi
tornati che ci fanno guadagnare quota in maniera regolare. Ignoriamo il
bivio per la ripida salita diretta al rifugio Curò, indicata su alcuni
massi come "Sentiero dello Scarico" e proseguiamo su fondo sassoso e
lunghi rettilinei alternati a dolci tornanti. Arrivati in
corrispondenza dell'ultimo tornante sinistrorso che condurrebbe
all'aultimo tratto per il rifugio, noi andiamo a destra seguendo le
indicazioni di una palina che riporta il sentiero 306 per Lizzola ed il
304 per il Passo della Manina. Affrontiamo quindi il sentierino che
perde quota per qualche decina di metri e taglia in mezzacosta un
pendio parzialmente erboso. Lungo il tragitto dobbiamo attraversare una
serie di canali pietrosi che scendono dalla nostra sinistra. Un paio di
questi presentano alcuni tratti franati che vanno superati con un
minimo di cura. Superato l'ultimo canale riprendiamo a salire verso una
zona cespugliosa. Eccoci ora ad un bivio. Noi proseguiamo dritti lungo
il sentiero n. 304 per il Passo della Manina, lasciando alla nostra
destra quello per Lizzola. Camminiamo ora avendo, a destra, una
magnifica vista sul Pizzo di Coca e sul rifugio omonimo, visibile,
aguzzando la vista, sul ripido fianco della montagna. Sempre con
tracciato a mezzacosta, camminiamo su alcuni saliscendi rilassanti fino
ad una breve ma decisa rampa fiancheggiata da una improvvisa placca
rocciosa. Eccoci ora in un breve tratto pietroso da percorrere passando
su grossi massi piatti ed instabili. Segue un tratto misto di cespugli
e prati, e con un ultimo sforzo, eccoci al Passo delle Miniere. Da qui,
una comoda selletta erbosa, ci consente di osservare il versante
opposto dove si stende, lunga e pianeggiante la valle del torrente
Bondione che sale da Lizzola verso il Pizzo dei Tre Confini ed il Passo
di Belviso. Ben visibile verso destra è anche la chiesetta della B.V.
Pellegrina presso il Passo della Manina, nonché i Monti Sasna e
Crostaro davanti a noi. Dalla selletta erbosa del Passo delle Miniere
pieghiamo a sinistra e seguiamo fedelmente il filo della dorsale per
poi piegare leggermente verso destra in mezzacosta. Superiamo alcuni
isolati gruppi di rocce rosse (indice di presenza di ferro nelle rocce
e che qui veniva estratto). Possiamo vedere anche alcuni buchi di
vecchie miniere abbandonate. Il sentiero, dopo le ultime miniere
diviene poco visibile, e occorre portarsi sotto ad una imponente parete
scura per ritrovare alcuni ometti. Dalla base della parete andiamo
verso sinistra e saliamo alcune ripide balze erbose piuttosto faticose
che ci permettono di aggirare la parete stessa. Tornati lungo la
dorsale nei pressi di un paletto metallico, la seguiamo verso l'alto su
terreno erboso, mediamente ripido. Superiamo un secondo paletto e su
facile traccia evidente, con minor pendenza, tagliamo i pendii del
Monte Pomnolo fin sotto la curiosa piramide di massi e pietre che ne
rappresenta la cima. L'ultimo tratto è piuttosto caratteristico e
completamente differente dal resto della montagna. Poche decine di
metri tra massi e pietre instabili ed eccoci al cospetto della spartana
croce in legno sulla vetta. Qui è presente anche un paletto su cui è
montato uno specchio. Sono passate circa 3 ore dalla partenza. Dalla
cima possiamo vedere bene la vetta del Monte Cimone, nostra successiva
meta. Non facciamoci ingannare dalla vicinanza della montagna: il
percorso da qui in poi diviene più impegnativo e faticoso. Scesi dalla
piramide sassosa, tra stambecchi placidamente distesi su massi ed erba,
ci portiamo alla vicina sella erbosa verso Est. Da qui, proseguiamo
senza traccia nè segnali tagliando i ripidissimi e scivolosi fianchi
del Cimone. Senza un vero percorso obbligato, ma affidandoci
all'istinto e alla logica, proseguiamo con una certa attenzione.
Passiamo sotto una torre rocciosa con due cornini di pietra, circa 50
metri più in alto di noi. Una vaga cengia che taglia il pendio della
montagna ci indica il percorso più sicuro ed logico. Superiamo alcuni
canali che scendono dall'alto e quando arriviamo ad un costone erboso
ben marcato, lo risaliamo verso sinistra tra ripidissime balze erbose e
qualche pietra instabile. Alla base di questo costone è evidente un
terrazzino erboso, quasi un pulpito sui pendii sottostanti. I primi
metri presentano qualche sasso, poi il tracciato diviene
prevalentemente erboso ma con una pendenza costante ed a tratti
esagerata. La croce della vetta è ben visibile sopra di noi. Verso la
fine della salita, occorre piegare leggermente verso sinistra,
attraversando una zona di pietre piatte ed instabili, piuttosto
sdrucciolevoli. Pochi metri ed eccoci alla destra della croce di vetta,
che raggiungiamo lungo la comoda e pianeggiante cresta. Poco prima
della grande croce in legno, si trova una bellissima crocetta di ferro
battuto a ricordo di un appassionato di montagna di nome Lino. Panorama
a dir poco entusiasmante sia da un versante che dall'altro. Sotto di
noi sul versante opposto a quello di salita si vede la zona dei
Laghetti di Valcerviera ed il Recastello, senza contare tutte le altre
cime più lontane disposte attorno alla zona del Barbellino.
Discesa
Percorriamo ora la cresta Est, cioè quella che dalla croce in legno si
dirige verso la vicina croce in ferro. Oltrepassiamo la piccola croce
in ferro battuto e il costone da cui siamo saliti, proseguendo lungo
l'evidente percorso leggermente aereo, ma mai difficile. Facciamo solo
attenzione ad alcuni punti un poco esposti e senza mai abbandonare il
filo di cresta perdiamo regolarmente quota. La cresta è sempre
camminabile ed alterno tratti rocciosi ad altri misti di erba e sassi.
Inizialmente la cresta è pianeggiante, segue un tratto piuttosto ripido
che conduce ad una prima sella. ecco quindi un secondo tratto in
falsopiano fino ad un paletto di metallo con tipico cartello di divieto
di caccia. Ecco ora che la pendenza aumenta e di contro diminuisce la
larghezza della cresta, ma senza mai essere veramente impegnativa.
Davanti a noi è ben evidente una seconda sella più ampia. Qui termina
la cresta che ci riserva però un ultimo salto molto ripido, il più
impegnativo della discesa: si tratta di qualche metro roccioso che può
essere affrontato direttamente oppure aggirato verso la nostra sinistra.
Qui alla selletta termina la cresta, che in realtà proseguirebbe
riprendendo a salire verso altre cime. Noi scendiamo ora con molta
attenzione verso la nostra destra cercando il percorso meno ripido e
più sicuro tra questi infidi prati misti a rocce e sfasciumi molto
instabili. Osservando il fianco della montagna ci rendiamo conto che
non sarà una passeggiata effettuare il lungo ed intricato traverso
lungo di essi, fino ad incrociare il costone salito all'andata.
Cerchiamo sempre di affidarci alla logica ed all'intuito, perdendo
quota dove possibile, ma senza esagerare e spostandoci il più possibile
verso Sud. Ad un certo punto, dopo circa 10' incrociamo un primo ripido
canalino di sfasciumi da superare con cura; a questo segue più avanti
un secondo altrettanto insidioso e molto incassato con un uscita
piuttosto esposta sui ripidissimi pendii del Cimone. Dopo un terzo
canalone, siamo ormai in vista del costone della salita e da qui in
poi, avendo già percorso la zona, le cose dovrebbero essere meno
impegnative, anche perché i pendii da tagliare sono ora meno
difficoltosi. Tornati alla sella tra il Cimone ed il Pomnolo,
ripercorriamo il tragitto dell'andata fino ad incrociare il sentiero n.
305 che salirebbe al Curò. Lo seguiamo invece in discesa fino ad
attraversare il torrente che taglia il sentiero all'altezza di un
pochissimo visibile bivio ed un centinaio di metri prima di una
fontanella alla nostra sinistra. Al suddetto bivio si trova un piccolo
cartello che indica l'osservatorio faunistico di Maslana. Scendiamo
verso di esso percorrendo un ripido prato alla nostra destra ed in
pochi minuti eccoci alla bella struttura in pietra e legno. Da qui
scendiamo lungo un ampio sentiero sterrato che porta sulle rive del
fiume Serio. Poco prima di entrare nel bosco, su di un masso scuro si
leggono le direzioni per Valbondione e per Maslana (sentiero n. 332).
Noi andiamo a destra per visitare il bel borgo montano di Maslana,
costituito da diverse piccole frazioncine, tutte molto caratteristiche
ed affascinanti. Dopo un primo tratto erboso, eccoci tra cespugli e
piante con il bel Pinnacolo di Maslana che si innalza alla nostra
destra. Il sentiero attraversa ora una serie di rocce lisciate dal
ghiacciaio che ricopriva la valle. Attraversiamo un ponticello di
pietra sotto il quale passa il fiume serio tra ciclopici massi ed acque
cristalline. In breve eccoci in zona Picinella di Maslana dove una
bella fontana può darci refrigerio. Dopo le belle case una seconda
fontana ci aspetta, poco prima di un antiestetico pilone di metallo
bianco e rosso in località Cà di Pòi di Maslana, forse il nucleo più
bello di Maslana con stradine strette, casette addossate le une alle
altre, scorci improvvisi ed intimi ed un piccolo rifugio privato,
nonché un paio di altre fresche fontane. Al termine delle case, si
scende in un fitto bosco misto, si supera una grande baita solitaria e
si prosegue la veloce e fresca discesa. Incrociamo ora il sentiero dei
carbonai, con alcune stazioni e cartelli che illustrano l'antica
attività della produzione di carbone. Proseguiamo ed ecco alla nostra
destra una piccola grotta con all'interno una statuetta della Madonna.
Terminata la discesa eccoci nei pressi di una strada asfaltata che
ignoriamo per proseguire verso destra seguendo le indicazioni del
sentiero n. 301 per il rifugio Coca. Restando nel bosco e camminando a
pochi metri dal fiume Serio alla nostra sinistra, passiamo nei pressi di
una bella cascata alla nostra destra; con una breve ma intricata
deviazione possiamo arrivare ai piedi del bel salto d'acqua per poi
tornare al sentiero. Ad un bivio teniamo la sinistra evitando si andare
in salita lungo il sentiero 301, ma rimanendo bassi accanto al fiume.
Superiamo un enorme masso erratico su cui viene praticato del bouldering
e, su percorso pianeggiante, arriviamo ad un ponticello di cemento che ci
consente di attraversare il fiume. Qui si trova un incrocio che verso
destra sale al rifugio Coca e verso sinistra ci conduce in poche decine
di metri alla palina iniziale presso la quale abbiamo lasciato l'auto. |