Descrizione generale Bella
camminata, ricca di emozioni, in una zona relativamente poco
frequentata, almeno nella parte valtellinese del percorso. La Sponda
Camoscera è una cima in territorio valtellinese, salita di rado ed in
questo caso affrontata lungo la sua esile ma non difficile cresta Sud-Est,
che offre ampi panorami e piacevli sensazioni a chi la percorre. Il
Monte Toro, sulla linea di confine tra Valtellina e Val Brembana, è una
cima decisamente più conosciuta e salita; in questa camminata ne viene
raggiunta la vetta lungo la sua non banale cresta Sud-Est (vedi
relazione del 28 giugno 2015), impegnativa, ma non difficile, anche se
presenta qualche tratto molto esposto e qualche passaggio che richiede
l'uso di mani e piedi in modo accurato. Anche la discesa, avvenuta
lungo il selvaggio e non segnalato vallone a Nord (in territorio
valtellinese quindi e che ci riporta al Passo di Dordona) del Monte
Toro stesso, non è priva di interesse e necessita di una certa
abitudine a muoversi su terreni non battuti e segnalati. Nel complesso
si tratta di una escursione per gente allenata (si copre un dislivello
abbastanza importante e si devono mettere in conto molti saliscendi e
almeno 7-8 ore di cammino) e con qualche dimestichezza con creste
esposte e rocciose, anche se non tecnicamente difficili.
Descrizione percorso Giunti
a Foppolo in Alta Valle Brembana, seguiamo le indicazioni per il Passo
di Dordona ben evidenti presso un tornante sinistrorso. Lasciamo l'auto
al termine della strada in località Rochi (o Ronchi secondo alcune
cartine), in via Rovera. Qui, nel punto in cui si trova una palina di
metallo con le indicazioni per il passo stesso (n. 202) e per il Passo
di Porcile e quello del Tartano (n. 201), procediamo in salita fino
all'inizio della strada sterrata. Camminiamo ora su questa sterrata,
ampia e sassosa. Bellissime le viste sul Monte Pegherolo e le cime che
lo circondano. Subito ci imbattiamo in un bivio. Qui andiamo a sinistra
sempre lungo la sterrata, lasciando a destra la ripida strada per i
mezzi autorizzati che salgono al Passo Dordona e agli alpeggi in zona,
nonché al rifugio Dordona. La nostra strada prosegue pianeggiante e
transita dietro ad alcuni antiestetici paravalanghe in cemento armato,
in nessun modo mimetizzati. Dopo poche decine di metri la stada
serpeggia fino ad un ponticello che permette di attraversare un piccolo
corso d'acqua. Sulla nostra sinistra sono ben visibili alcune baite in
mezzo ad un prato, tra cui la Baita Comellini. Presso il ponticello di
cemento è presente un paletto con la scritta "P. Dordona". Attraversato
il torrentello riprendiamo a salire su prati aperti. Passiamo un
piccolo edificio dell'acquedotto e più in alto eccoci presso altri
orrendo paravalanghe sulle cui pareti di cemento si rinvengono alcuni
bolli del sentiero n. 202. Proseguiamo verso un evidente boschetto di
larici che attraversiamo, ignorando una deviazione sinistra con
l'indicazione per Dordona (dalla quale scenderemo al ritorno). Usciti
dal boschetto eccoci in una ampia radura percorsa da un torrentello che
attraversiamo grazie ad un ponticello dove si trova una palina con le
indicazioni per rifugio e passo di Dordona. Poco discosta dal ponte,
verso sinistra vediamo l'isolata baita Cornelli. Attraversiamo il ponte
e procediamo verso il pendio davanti a noi. Con una serie di tornanti,
tratti rettilinei e improvvise curve, guadagniamo rapidamente quota su
terreno misto, tra cespugli, larici e rododendri. Bella vista sul
vicino Pizzo del Vescovo. Usciti dal pendio eccoci in una serie di
conche poste a diversa altezza, percorse da una lunga fila di tralicci
dell'alta tensione che, oltre a rovinare l'ambiente, ci indicano la
direzione della nostra meta. Il sentiero passa nei pressi di alcune
formazioni rocciose, ma si mantiene sempre tranquillo e poco ripido. In
meno di 1 ora dalla partenza eccoci al Passo di Dordona con le sue
affascinanti gallerie e trincee militari. Vi troviamo anche una piccola
madonnina con tanto di asta e bandiera sventolante. Interessante il
panorama verso la Valtellina, il lontanissimo ma ben visibile Gruppo
del Disgrazia e la interessantissima cresta che sale verso il Monte
Cadelle. Alla nostra destra si vede la appuntita mole del Monte Toro e
più lontano il roccioso versante Nord del Corno Stella. Verso sinistra,
in lontananza è visibile anche la Cima di Vallocci, aguzza e con la sua
forma piramidale, più a sinistra si trova la lunga e poco appariscente
Cima dei Lupi con le poco accentuate cime Nord e Sud. Scendiamo in Val
Madre, sul versante valtellinese lungo il sentiero n. 201 A, ampio e
sterrato, praticamente una strada per 4 ruote motrici. La strada scende
dolce e rilassante verso il rifugio Dordona con magnifica vista sulla
sottostante Valmadre. Ad un certo punto la strada sterrata diviene
cementata e poco dopo dobbiamo abbandonarla per andare verso destra,
puntando ad una baita nei pressi di un traliccio dell'alta tensione
sotto il quale si vede anche una grande croce di legno (Baita della
Croce, 1944 metri di quota). Dalla baita andiamo verso destra, seguendo
le inidcazioni per il Passo di Valbona lungo la Gran Via delle Orobie
(GVO, oppure detto anche sentiero Bruno Credaro, n°1 con bolli gialli e
rossi). Accanto alla bata vediamo un grande abbeveratoio. Seguiamo le
indicazioni di un cartello giallo sulla parete della baita. Camminiamo
su un bel sentierino a mezzacosta, attraversando un boschetto misto di
arbusti e cespugli. Poco oltre perdiamo leggermente quota. In breve arriviamo alla Casera di Valbona (1904 metri di quota). Dopo
aver attraversato un torrentello, riprendiamo a salire in un bel
ambiante arioso con ottima vista dietro di noi sulla Cima Vallocci.
Giunti ad un traliccio dell'alta tensione, una palina ci inviata ad
andare verso destra. Superiamo un'altra baita e proseguiamo verso
l'alto tra pascoli. Più sopra il sentiero si addolcisce divenendo
pianeggiante. Per poi riprendere la salita ed entrare in un bel vallone
dominato da un pinnacolo roccioso (Pizzo di Valbona). Entriamo in alcune vallette e
valloncelli in parte pietrosi. Arrivati alla base del torrione
roccioso (pizzo di Valbona), costeggiamo una grande placca rocciosa per poi deviare verso
sinistra ed in breve arrivare al Passo di Valbona (2324 metri). Da qui andiamo verso
sinistra, risalemdo la ripidissima costa erbosa che dopo pochi
minuti di fatica ci condurrà all'inizio della vera cresta Sud-Est che sale
alla Sponda Camoscera. Prima però eccosi sulla sommità di un dossone
erboso dopo il quale continuiamo verso l'evidente sommità davanti a
noi.
Arrivati su questa sommità erbosa, ci si presenta la vera cresta,
sottile e
con vari saliscendi. Questa inizia facendoci perdere un poco di quota
su facile terreno erboso misto a qualche pietra. Poi diviene più
impegnativa, prima solo con qualche roccetta, poi con alcuni passaggi
esposti, ma non troppo, facili trtti rocciosi, alternati ad altri più
rilassanti, Vere difficoltà non ve ne sono e l'apparenza può ingannarci
sul reale impegno necessario. iunti sulla vetta della Sponda Camoscera,
si apre un bel panorama verso Nord e vediamo anche una lunga ed
invitante dorsale che prosegue oltre la cima. Noi però, dopo la foto di
rito accanto all'aometto di vetta, dobbiamo ritornare sui nostri passi
fino al Passo di Valbona, facendo molta attenzione all'ultimo tratto
erboso prima del valico. Da qui scendiamo ora lungo il versante opposto
a quello da cui proveniamo. Il sentiero è piuttosto sdruciolevole e nei
primi tratti presenta anche punti franati e instabili. Un paio di
catene e dei gradini di legno ci facilitano la discesa, comunque
elementare. Arrivati più in basso passiamo accanto ad una baita (Baita Gavazza).
Andiamo ora verso destra, in mezzacosta. Raggiungiamo una seconda baita (Baita La Piana)
e da qui, dopo aver proseguito ancora verso destra tra prati e pascoli,
iniziamo la risalita verso il Passo di Valcervia, senza un vero e
proprio sentiero. Ad un certo punto incontreremo il sentiero segnalato
che sale dal fondovalle (n. 214) e che ci porterà senza difficoltà al passo tra
la Val Brembana e la Valcervia. Da qui, dopo aver ammirato il bel
panorama sul lato brembano, andiamo a destra, restando sulla comoda
dorsale. Dopo pochi minuti ci imbattiamo in
una palina. Scendiamo a destra seguendo l'indicazione per il Lago delle
Trote. Scesi poche decine di metri arriviamo ad una bocchetta. Qui
prendiamo l'evidente cresta sud-est a destra, dove un sbiadita scritta
"Toro" su di un masso ed alcune piccole frecce bianche ci invitano a
procedere. Ignoriamo quindi il sentiero che scende al Lago delle Trote
e iniziamo il bel percorso di cresta. Lo sviluppo della prima parte
della cresta è ben visibile. Saliamo sul filo di cresta, facile ma
piuttosto sottile, senza incontrare nessuna difficoltà. Giunti sulla
sommità di una prima cima, scendiamo qualche metro con maggior
attenzione fino alla successiva sella (Passo del Monte Toro), con
alcuni passaggi un poco esposti. Risaliamo una seconda sommità per
ridiscendere nuovamente ad una sella. Qui arrivati proseguiamo verso
l'ultima, più bella e più impegnativa parte della salita in cresta.
Saliamo tra facili roccette e grossi massi. La roccia è abbastanza
solida e sicura. Arrivati davanti ad un salto verticale, possiamo
deviare a destra o sinistra. Io sono andato a destra, affrontando
direttamente il bel diedro verticale che blocca il percorso. Lo si sale
direttamente con una certa esposizione e difficoltà molto prossime ad
un II grado. Una volta usciti da questo punto, le difficoltà spariscono
e dopo pochi minuti di ripida salita, arriviamo alla strana croce di
vetta dove uno splendido ed ampio panorama ci attende.
Discesa Dalla
croce arancione scendiamo proseguendo lungo il crinale che guarda verso
il Passo di Dordona e che divide le due province di Bergamo e Sondrio.
Restiamo in cresta fino a raggiunere le prime difficoltà. Senza bisogno
di proseguire in cresta, la abbandoniamo spostandoci sul versante
valtellinese e continuiamo la discesa restando molto vicini e paralleli
alla cresta (Nord-Ovest) Il terreno è piuttosto accidentato, ma senza particolari
problemi riusciamo a perdere quota. La cresta è sempre vicina a noi ma
man mano scendiamo resterà più alta rispetto al nostro procedere. Ad un
certo punto, diventerà troppo complicato restare vicino alla cresta,
per cui conviene scendere più profondamente nel vallone del torrente Madrasco) in cui ci
troviamo, senza però perdere di vista il crinale. Il percorso non è
segnalato e non esistono tracce o segni di passaggio. Solamente più in
basso ecco comparire qualche raro e ben mimetizzato ometto di sassi che
purtoppo facciamo fatica a seguire con continuità. Il vallone che
stiamo scendendo, si apre sempre più verso il basso e il nostro
cammino, tra vellette e dossi, è piuttosto lento. Ad un certo punto, in
basso vediamo un evidente rudere al centro di una piccola radura
erbosa. Dobbiamo raggiugere la baita semi distrutta e da questa,
andiamo a destra verso il fondo del vallone, dove troviamo un
torrentello (Torrente Madrasco). Attraversiamo il corso d'acqua e risaliamo il ripido
versante davanti a noi su terreno erboso. Con una certa fatica,
procediamo verso l'alto fino ad incrociare la traccia del sentiero
seguito all'andata. La seguiamo verso sinistra fino ad arrivare presso
la baita nei pressi dell'ultimo traliccio dell'alta tensione incontrato
all'andata. Da qui non ci resta che ripercorrere i nostri passi fino
alla Casera di Valbona, alla Baita della Croce e poi al Passo di
Dordona, dal quale, in meno di un'oretta rientriamo all'auto.
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