Descrizione generale
Questa
volta affrontiamo una lunga camminata, necessariamente da
dividere in due giorni, per evitare di sobbarcarsi un eccessivo
dislivello ed ore di cammino tutte d'un fiato, rischiando di non
godersi appieno la bellezza dei luoghi che andremo a visitare. Sarà
anche l'occasione per un piacevolissimo e comodo pernotto in un bel
bivacco a quota superiore ai 2300 Mt. e dal quale godersi uno
splendido cielo stellato (clima permettendo...). L'escursione si svolge
a cavallo tra la bergamasca Val Sambuzza e la valtellinese Val Venina.
Partendo da Carona, in Valle Brembana, saliremo al Passo di Publino dal
quale affronteremo il bel Pizzo Zerna e la più modesta Cima di
Valsambuzza; dopo aver dormito ad un bivacco presso il passo,
scenderemo al Lago di Publino, per poi risalire al Passo dello
Scoltador ed alla
vicina e poco frequentata cima omonima; scenderemo poi nella
affascinante Val Venina, per risalire al passo omonimo che ci
ricondurrà in Val Brembana. Da qui affronteremo la facile salita alla
Cima di Venina e poi al massiccio ma bonario Monte Masoni, dal quale ci
dirigiamo alla quinta ed ultima cima di questa lunga camminata: il Pes
Gerna, per poi affrontare la lunga discesa verso Carona. Escursione
adatta ai ben allenati ed attrezzati, priva di difficoltà, ma non certo
da sottovalutare per la sua lunghezza (4 ore il primo giorno; 9 ore il
secondo), i continui saliscendi e il buon dislivello (2700 Mt. in due giorni). Panorami
ampissimi e vari, sia verso Nord che Sud. Se fatta in solitaria, come
dal sottoscritto, vi regalerà momenti di profonda riflessione e unione
con l'ambiente.
Descrizione percorso
Da
Carona, in alta Valle Brembana,
saliamo verso il bel borgo di Pagliari, fatto da piccole ed addossate
case di pietra scura, proseguiamo lungo il sentiero invernale che
conduce al rifugio Calvi e dopo poche centinaia di metri da Pagliari,
abbandoniamo questo sentiero per deviare improvvisamente a sinistra. Un
piccolo cartello in legno indica la direzione per la Valle Sambuzza
verso sinistra. Saliamo molto ripidamente in un bosco di frassini. Il
sentiero è piuttosto accidentato, pietroso e ricco di ripidi
tornantini. I bolli rossi sono appena stati pitturati e risultano ben
visibili. Usciamo per un breve tratto dal bosco ed eccoci ad una prima
baita. Transitiamo dietro di questa e riprendiamo la salita. Superiamo
alcuni tralicci dell'alta tensione ed in breve, con pendenze meno
elevate arriviamo ad una serie di isolate baitelle alla nostra
sinistra, semi nascoste tra le piante (località ai Pozzi, 1550 Mt.). Scendiamo pochi metri fino ad
arrivare al torrente che più in basso genera le belle cascate della
Valle Sambuzza. Attraversiamo il torrente su un ponticelo di legno.
Riprendiamo a salire seguendo le evidenti indicazioni su una pianta e
su una palina (Passo Publino, sentiero n. 209). Proseguiamo in un bel
prato circondato da alberi, compiendo un giro in senso antiorario e
passando nei pressi di un paio di incantevoli baite poco più in alto ai
margini del prato stesso. Da qui andiamo verso sinistra ed in breve
rientriamo nel bosco che ora è di abeti. Seguendo il sentiero
guadagnamo lentamente quota. Passiamo da una grande stalla (Baitone
Valle Sambuzza) presso la quale vi è una palina con alcune indicazioni.
Noi andiamo a sinistra e saliamo regolarmente con un bel sentiero
questi rettilineo. Sotto di noi risulta ben visibile una grande baita.
Entriamo ora nella parte mediana della Valle Sambuzza proseguendo lungo
il comodo sentiero in mezzacosta. Ignoriamo il bivio per il Monte
Chierico (ben visibile alla nostra sinistra in alto) e Foppolo per
inoltrarci ulteriormente nella valle. Giunti ad una baita (Baita
Cascina Vecchia) la lasciamo alla nostra destra ed iniziamo a camminare
al bordo destra (salendo) di ampi pascoli e prati, percorsi al centro
da un allegro torrente che spesso si tuffa in piccoli salti. Una Palina
segnala la direzione per Foppolo ed il Passo della Croce). Più in lato
la valle si apre improvvisamente lasciandosi ammirare in tutta la sua
bellezza. Inizialmente, in lontananza risulta ben visibile solo la Cima
di Valsumbuzza (quasi mai nominata sulle carte), posta ad Ovest del
Passo di Publino. Passiamo una seconda Baita (baita Arale) sul cui muro
è dipinto il
n. del sentiero 209. Poco oltre ecco il grande lago di Val Sambuzza
(2085 Mt., 1 ora e mezza di cammino), chiuso nella conca ai piedi del
Monte Masoni. Al centro di questa è ben visibile il Passo di Publino,
con alla sua destra il Pizzo Zerna e ancora più a destra l'imponente
Monte Masoni, diviso dallo Zerna dalla Bocchetta omonima. Attraversiamo
un ponticello di legno. Giunti ad una
terza baita, nei cui pressi si trova un tubicino da cui sgorga
acqua, ci spostiamo ora sul versante opposto della valle, quello di
sinistra per chi sale. Continuiamo a salire con regolarità su un comodo
sentiero pietroso. Questo, più in alto inizia ad incrociare alcuni
corsi d'acqua e poi ci regala vari tornanti grazie ai quali guadagnamo
rapidamente quota. Ignoriamo la diviazione verso sinistra per i
Laghetti
di Caldirolo (sentiero n. 209A, in 40 minuti ed ai quali scenderemo poi
per una breve vistita in attesa del tramonto). Arrivati al piccolo
laghetto Varobbio (2282 Mt. di
quota) posto alla base del ripido pendio erboso del Pizzo Zerna,
andiamo verso sinistra su comodo sentiero in direzione del vicino Passo
di Publino
lungo aperti prati e conche erbose. Poco prima di arrivarci, eccoci al
cospetto del bellissimo bivacco Flavio Peltrinelli, a 2353 metri di
quota. Pochi passi ed arriviamo al sovrastante Passo di Publino (2368
Mt.), da dove possiamo ammirare un bellissimo panorama
verso nord. Attacchiamo ora la comoda e poco ripida cresta verso destra
che, con le dovute cautele, ci conduce
senza grosse difficoltà alla vetta del Pizzo Zerna. La cresta,
inizialmente ampia e non ripida, diviene più sottile poco più avanti.
La abbandoniamo per un traverso che ci evita di salire e ridiscendere e
riprendiamo il filo della stessa dopo di esso. Da qui in poi il
percorso si fa più aereo ed in caso di neve, necessita di passo sicuro.
Restando sempre sulla cresta, affrontiamo un paio di tratti più ripidi,
alternati a momenti più rilassanti, fino alle due croci di vetta alle
quali arriviamo con un ultimo strappo un poco più erto degli altri.
Panorama ampissimo. Tornati al passo lungo il medesimo itinerario,
proseguiamo oltre sempre sulla comoda dorsale che ci porta in
brevissimo alla base della Cima di Valsambuzza. Da qui non ci resta che
seguire la facile ed erbosa ma ripida cresta che senza difficoltà, ma
con una certa fatica, in meno di 30 minuti ci conduce all'omino di
vetta di questa bella e dignitosa cima priva di un nome ufficile,
ma che per comodità chiamiamo Cima di Valsambuzza, a 2481 Mt..
Torniamo poi nuovamente al bivacco, preso il quale trascorreremo al
notte. In attesa dell'ora di cena, possiamo fare una piacevole
passeggiata ai laghetti di Caldirolo, posti in una amena conca poco a
valle del bivacco e che necessitano di non più di un'oretta e mezza di
cammino tra andata e ritorno. Troveremo le necessarie indicazioni per
arrivarci scendendo a valle lungo l'ampio sentiero militare che abbiamo
percorso durnte la salita al bivacco stesso. Presso un tornante si
stacca verso destra (scendendo) una traccia segnalata (sentiero n.
209A) che saltellando
tra massi ed erba ci porta ad una ripida discesa su balze erbose (breve
catena) e poi ad un comodo traverso verso i laghetti di Caldirolo.
Possiamo proseguire la discesa verso La Valsambuzza e una volta
incorociato nuovamente il sentiero militare, ormai sul pianoro del
l'ampio Lago di Val Sambuzza, risalire verso il Passo di Publino ed il
bivacco. All'alba del secondo giorno, partiamo dal bivacco, saliamo al
Passo di Publino e seguiamo la facile dorsale per lo Zerna. Pochi
minuti ed eccoci alla evidente deviazione verso sinistra per il Lago di
Publino, ben visibile sotto di noi, in Valtellina. Scendiamo per
sentierino ripido e con umerosi tornanti sassosi. Man mano si scende,
il percorso pare divenire meno evidente, ma in ogni caso segnalato. Ad
un certo punto il sentiero pare spostarsi verso sinistra e compiere un
lungo giro in senso orario per giungere al lago sottostante. Noi invece
andremo a destra, per una via più diretta in senso antiorario. Così
facendo però andremo a muoverci su terreno meno battuto e su traccia
spesso poco evidente. In ogni modo, arriveremo alla diga del Lago
artificiale di Publino. Seguendo il percorso che evita di camminare sul
muro della diga, giungiamo sul lato opposto del lago e da qui, dopo una
corta scalinata in discesa, in breve
al rifugio Caprari. Lasciamoci il rifugio alla nostra destra e
proseguiamo fino ad una baitella di pietra presso la quale si trova
palina di metallo. Qui andiamo a destra, seguendo le indicazioni per il
Passo di Scoltador (sentiero GVO; 1 ora e 20 minuti per il passo).
Saliamo dolcemente tra balze, dossi, massi affioranti e vallete erbose,
punteggiate di cespugli e piccoli larici. Il passo è ben visibile sopra
di noi e la Cima dello Scoltador si trova sulla destra di questo.
Arriviamo ad un laghetto nelle cui acque si ripecchiano le vette del
Pizzo Zerna. Superiamo un canale in cemento che porta l'acqua al
laghetto appena superato e lo seguiamo brevemente. Saliamo poi
ripidamente verso destra, sempre su terreno aperto ed erboso,
zigzagando tra massi. Qui il sentiero viene indicato da bolli gialli e
rossi della Gran Via delle Orobie (GVO, n. 1). Dopo un'ora abbondante
dal rifugio Caprari, eccoci al panoramico Passo dello Scoltador (2454
Mt.). Alla nostra destra parte l'abbordabile ma non banale
cresta che ci condurrà in una ventina di minuti alla vetta omonima.
Facciamo attenzione al tratto finale, tra l'antecima e la vetta
vera e propria, un poco più esposto del resto della cresta. Dall'omino
di vetta parte una bella e lunga crestina in direzione della Cima di
Venina, ma non avendo inidcazioni in merito, conviene tornare sui
propri passi fino al Passo dello Scoltador e da qui scendere nella
bellissima Val Venina. Percorriamo il sentiero accidentato che scende
rapidamente su terreno erboso e sassoso. Poco dopo eccoci ad alcuni
gradini che mitigano un poco la scomodità del tracciato. Superiamo una
pietraia, per poi proseguire tra prati e sassi. Seguiamo per un breve
tratto il corso di un torrente incassato in un valloncello.
Attraversiamo il torrente. Ora l'ambiente è più simile ad alti pascoli.
Ben visibile davanti a noi si lascia ammirare la conca e la testata
della Valle di Venina che dobbiamo raggiungere per poi risalire al
passo di Venina. A valle appare anche il bucolico panorama con il solco
della valle ed il lago omonimo. Scendiamo con una certa attenzione,
vista la pendenza del pendio su cui ci muoviamo e la scarsa dimensione
della traccia da seguire. Terminata la parte ripida, eccoci ora a
seguire un lungo tratto pianeggiante che ci conduce al centro della
testata della valle, dove troviamo alcuni resti di miniere di ferro ed
un affascinante forno per lavorare il materiale estratto. Siamo in un
pianoro molto bello (località La Vena, 2165 Mt.), circondato
da cime rocciose alte e verticali. Ora occorre risalire seguendo il
sentiero per il Passo di Venina. Ignoriamo le inidcazioni per il Passo
di Brandà, ben più evidenti di quelle per la nostra meta. Dobbiamo
salire tendendo verso destra. Alle spalle del forno (cartello giallo
con indicazioni) si nota una traccia pietrosa che man mano sale diviene
più evidente. Si sale con fatica e con pendenze regolari. Molto bella
la vista della Val Venina. In alto il terreno divine prettamente
sassoso, con gli ultimi 50 metri di dislivello particolarmente
suggestivi ed aspri. Sbuchiamo così al suggestivo e severo passo di
Venina, tra piccoli torrioncini di roccia e grossi massi, a 2442 Mt. Su alcuni sassi in terra si vedono alcuni rari bolli. Li
seguiamo stando prevalentemente vicini alla cresta rocciosa, oppure
alla sua sinistra, sul versante brembano. Ignoriamo le frecce di un
trofeo di corsa in montagna che scenderebbero verso il rifugio Longo.
La vista sulla conca sottostante e le cime della zona ripaga dello
sforzo fatto finora, ma non ci deve distrarre dal percorso in parte
esposto e su traccia esigua. Più avanti la traccia si muove su terreno
erboso, ma rimane sottile ed il pendio sotto di noi piuttosto ripido.
Arrivati ad incrociare la ben più agevole ed ampia dorsale che scende
dall'ormai vicina Cima di Venina, possiamo rilassarci e goderci così la
vista dell'ambiente attorno a noi. Saliamo la monotona dorsale verso la
Cima di Venina, ma poco prima di arrivare in vetta, seguiamo un
traverso semipianeggiante che passa sotto la vetta e la oltrepassa.
Poco oltre, giunti ad una caratteristica conca pietrosa, dalle
caratteritsiche quasi lunari, andiamo a destra e rimontiamo così il
pendio sopra di noi fino alla croce di vetta. Dopo una pausa, torniamo
sui nostri passi fino alla conca sottostante. Da qui proseguiamo con
evidente direzione verso il Monte Masoni, sempre muovendoci su terreno
in parte erboso ed in parte pietroso, tra saliscendi, conche e
vallette. Prima del Monte Masoni, eccoci su un dosso munito di grosso
ometto di pietre e da qui in breve eccoci alla croce del Masoni.
Inutile sottolineare il panorama. Per la nostra successiva ed ultima
vetta di questa lunga cavalcata di due giorni, occorre perdere
decisamente quota percorrendo una sottile ed esposta traccia a ridosso
della cresta che dal Masoni scende al Pes Gerna. Facciamo molta
attenzione alle ripide balze erbose e soprattutto al precipizio alla
nostra destra. Ci troviamo in un ambiente dalle due faccie: ripido ed
erboso alla nostra sinistra, roccioso e verticale alla nostra destra;
quest'ultimo versante infatti cade direttamente in Val Sambuzza, nella
zona del lago omonimo. Giunti alla selletta posta ai piedi del Pes
Gerna, dobbiamo risalire per un ultimo sforzo lungo la facile crestina
che in pochi minuti, su terreno in parte pietroso, ci porta alla rossa
croce in metallo che gli "Amici del Pes Gerna", hanno qui innalzato.
Discesa
Dopo
la meritata pausa per riprendere fiato e lucidità, possiamo iniziare la
ripida e "faticosa" discesa verso la Val Sambuzza e da qui a Carona.
Scendiamo seguendo l'evidente dorsale pietrosa, caratterizzata da una
infinita, ripida e scomoda pietraia. Alcuni bolli bianchi (poco
evidenti...) e qualche rarissimo ometto, ci aiutano nel proseguire, ma
la direzione è comunque ovvia e logica. Giunti al termine della noiosa
pietraia, un grosso ometto di sassi appare sulla cresta. Da qui
possiamo proseguire ancora un poco lungo la dorsale, ma appena
possibile ci conviene scendere verso destra seguendo qualche sparuto
bollo tra erba e cespugli. Il percorso è poco evidente, ma non conviene
proseguire oltre lungo la dorsale, anche se questa pare invitante.
Scendiamo quindi per ripidi prati ed arbusti fino ad arrivare,
finalmente, al pinoro della Val Sambuzza, nelle vicinanze di una
baitella. Da qui, dopo aver attraversato il pianoro, eccoci ad
incrociare il sentiero n. 209 che percorrre la Val sambuzza e che
abbiamo affrontato il giorno prima. Lo seguiamo verso sinistra,
ripercorrendo i nostri passi fino a Carona. |