Lagazuoi Nord - Via del Drago

 
Zona montuosa Dolomiti - Gruppo di Fanis Località di partenza Passo Falzarego (BL)
Quota partenza 2105 Mt. Quota di arrivo 2760 circa (2804 Mt. la vetta)
Dislivello totale +468 -25 Mt. circa per l'attacco
(sfruttando la funivia -200 Mt. circa)
+210 Mt. la via (355 lo sviluppo)
Sentieri utilizzati n. 401, 402, 20b
Ore di salita 25' per l'attacco (sfruttando la funivia)
6 h. la via
Ore di discesa 50' fino alla base della parete
40' il sentiero fino al parcheggio
Esposizione Ovest Giudizio sull'ascensione Ottima
Data di uscita 22/07/2015 Difficoltà V+, VI-
Sass Balòss presenti
Luca, Bertoldo.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Giornata nuvolosa con qualche goccia d'acqua e un grosso temporale che ci ha girato attorno per un paio d'ore ma senza raggiungerci (scopriremo poi che quel temporale ha causato 2 morti per folgorazione con più di 700 fulmini scaricati a terra). I sentieri di avvicinamento sono evidenti e ben segnalati. La discesa inizialmente è esposta e richiede attenzione.
La roccia in via è generalmente buona a tratti ottima tranne che sul quinto tiro dove è necessario valutare alcuni appigli.

Eventuali pericoli

Soliti d'arrampicata in ambiente.

Presenza di acqua
No.
Punti di appoggio
Rifugio Lagazuoi (2752 Mt.). Eventualmente il rifugio Scotoni (2040 Mt.) ed il bivacco Gianni Dalla Chiesa (2652 Mt. - 9 posti).
Materiale necessario oltre al tradizionale

Normale materiale per arrampicata su roccia. Indispensabili dei friends (da 0.3 a 3 Camalot) ed alcuni cordini per integrare.

Caratteristiche dell'arrampicata

Descrizione generale
Via di notevole importanza storica aperta da Claudio Barbier, Almo Giambisi e Carlo Platter il 26 settembre del 1969 sulla parete ovest del Lagazuoi Nord. L'intento degli apritori era quello di realizzare un itinerario dove la libera fosse spinta al massimo, in risposta alle affermazioni di Messner contro l'arrampicata artificiale.
La via si snoda lungo un percorso logico, esposto e sostenuto e l'arrampicata è in ogni lunghezza di soddisfazione.
Attacco, descrizione della via

Raggiungere il Passo Falzarego e parcheggiare nel grosso posteggio dietro la funivia. Guadagnare la Forcella Lagazuoi (2573 Mt.) percorrendo il sentiero n. 402 che parte proprio a ridosso del parcheggio oppure sfruttando la funivia (conviene comprare il biglietto di sola andata) e, dalla stazione a monte, scendere alla forcella sfruttando la pista da sci ed il sentiero n. 401.
Dalla forcella seguire le indicazioni per il bivacco Gianni Dalla Chiesa percorrendo il sentiero 20b che conduce proprio sotto alla parete. A destra della fascia gialla si trova un pilastro addossato alla parete. La via attacca alla sua sinistra.
A sinistra della fascia gialla corre la via Consiglio.

1° tiro:
salire un primo diedro (atletico e tecnico) al termine del quale meglio non continuare dritti ma spostarsi a destra per circa 4 Mt.; salire un secondo diedrino e continuare poi lungo un canaletto verso destra raggiungendo il pulpitino di sosta (2 chiodi+cordini).
30 Mt., IV, IV+, III, 1 friend incastrato.

2° tiro:
non salire il diedro giallo ma spostarsi leggermente a sinistra e poi alzarsi fino alla base del camino. Seguirlo, aggirando sulla destra una strozzatura, fino al suo termine dove si sosta (3 chiodi+cordino+moschettone) sopra un masso incastrato.
30 Mt., IV+, 1 sosta intermedia alla base del camino (2 chiodi+cordoni), 1 chiodo.

3° tiro:
obliquare a destra sfruttando una grossa lama staccata. Al suo termine salire la rampetta a sinistra che conduce alla sosta (clessidra+cordone+maglia rapida). 20 Mt., II, 1 clessidra con cordone.

4° tiro:
superare la sovrastante placca andando inizialmente a sinistra e poi spostandosi a desta. Alzarsi per circa 5 Mt. e traversare a sinistra sino alla base di una scaglia che forma un diedrino. Risalirla e spostarsi a sinistra sino alla sosta (3 chiodi+cordone).
20 Mt., IV+, V+, 3 chiodi.

5° tiro:
spostarsi a sinistra e risalire la fessura gialla sino a quando una fascia di rocce rotte consente di traversare a sinistra sino alla sosta (2 chiodi+cordone). 25 Mt., V+, 4 chiodi, 1 masso incastrato con cordone, 1 dado incastrato.

6° tiro:
alzarsi obliquando a sinistra sino a raggiungere una cengetta. Ignorare la sosta (3 chiodi+cordone) e il sovrastante chiodo della via "Spada di Damocle" 6c. Traversare a sinistra abbassandosi (con difficoltà) un paio di metri. Continuare a traversare verso sinistra per rocce più semplici sino alla base di un diedro dove si trova la sosta (2 chiodi+dado incastrato+cordone). Dovrebbe essere possibile compiere la traversata bassa con difficoltà attorno al V. 35 Mt., IV, III, IV+, II, 2 chiodi, 1 sosta intermedia (3 chiodi+cordone).

7° tiro:
salire il diedro grigio e la successiva fessura gialla. Poco prima del suo termine uscire a sinistra e salire al terrazzino di sosta (clessidra da attrezzare). 40 Mt., IV+, 1 chiodo.

8° tiro:
salire per facili rocce in direzione dell'evidente diedro che si segue fedelmente fino una fessura strapiombante. Superarla e spostarsi un paio di metri a destra per sostare comodamente (clessidra+cordone). Allungare bene le protezioni iniziali.
50 Mt., IV, IV+, V+, 1 chiodo, 1 sosta intermedia (2 chiodi).

9° tiro:
salire per 4-5 Mt. in direzione del diedro. Spostarsi a destra e salire la placca nerastra sin sotto un muretto strapiombante. Superarlo riportandosi verso il diedro e seguirlo interamente sino ad una zona più abbattuta. Sostare a destra del diedro (3 chiodi).
35 Mt., V, V+, VI-, IV, 1 clessidra con cordone, 2 chiodi, 1 nut incastrato, 1 masso incastrato con cordone.

10° tiro:
salire per placchette tendendo a destra fino all'altezza dei grandi tetti gialli. Per fessura verso sinistra raggiungere la cengia e qui sostare (2 chiodi). 70 Mt., IV, III, 1 chiodo.

Discesa
Seguire la cengia verso sud (destra - viso a monte) sino al suo termine. Qui scendere lungo la cresta (qualche passo d'arrampicata - II, III) sino alla forcella e poi mediante il vecchio sentiero di guerra sul versante ovest si raggiunge il canalone. Scenderlo raggiungendo in breve la base della parete non molto lontano dall'attacco della via. Risalire alla Forcella Lagazuoi e poi scendere in direzione del passo Falzarego seguendo il sentiero n. 402.

Note
Da "La via del Drago" di Anna Lauwaert – Centro Documentazione Alpina
"Nel 1966 Claudio (Barbier n.d.r.) era in giro da solo, demoralizzato, in crisi esistenziale, quando incontrò Heinz Steinkötter che stava partendo per la Cima d’Ambiez, nel Brenta, dove con Dietrich Hasse si era prefisso di aprire una via completamente in artificiale, scelta di proposito per la sua configurazione e per il percorso da farsi appunto in artificiale, benché la parte bassa della parete, cioè i primi cinque tiri, fossero quasi tutti in libera, di difficoltà tra il quarto e il sesto… una via molto logica, un itinerario sui generis… Claudio non aveva niente da fare, Heinz e Dietrich erano contenti di aver trovato un terzo che avrebbe schiodato così, tra il 21 e il 31 luglio, andarono ad aprire la via degli Strapiombi.
Nel 1967 Messner scrisse su “Bergsteiger” un articolo che diventò celebre con il titolo Entwertung der VI Grad (la svalutazione del sesto grado), nel quale si scagliò violentemente contro il disprezzo della montagna causato dal grande abuso di mezzi artificiali, e citò appunto come esempio negativo più emblematico la via Hasse-Steinkötter-Barbier alla Cima d’Ambiez.
Il bello è che Messner esprimeva esattamente le idee che Claudio difendeva da anni, le stesse per cui voleva pitturare i chiodi in giallo (Barbier dipinse di giallo i chiodi della falesia di Freyr che dovevano essere utilizzati solo per proteggersi e non per azzerare n.d.r.), e che furono la causa della guerre des pitons. Claudio apprezzò molto quell’articolo e chiese il permesso di farne la traduzione in francese per pubblicarlo sulla rivista francese “La Montagne”, sostenendo di essere d’accordo con la maggior parte delle opinioni espresse da Messner.
Nel 1968 Messner scrisse un altro articolo per “Alpinismus” nel quale lanciava un grido d’allarme in favore del rispetto dell’etica in montagna, del rispetto per il “Drago mitico”: “Der Drache ist vergiftet, Siegfried ist arbeitlos geworden… meine Sorge ist der tote Drache… Es muss etwas geschehen ehe das Unmögliche begraben ist… Darum rettet den Drachen!” (Il Drago è stato avvelenato, Sigfrido è disoccupato… la mia preoccupazione è per il Drago morto… Deve succedere qualche cosa prima che l’Impossibile sia sepolto… perciò salvate il Drago”).
Queste frasi sembravano scritte per Claudio, chi più di lui poteva apprezzarne il significato profondo, simbolico, mitico? Prima di tutto si doveva essere lettori assidui di tutte le riviste alpine, poi si doveva capire il tedesco e infine si doveva conoscere il linguaggio e il significato della mitologia dei Nibelunghi. Nel mondo alpinistico pochi, oltre a Claudio, disponeva di una tale cultura. Lui si entusiasmò al punto di appassionarsi per tutti i draghi che incontrava, nei fumetti di Tintin, nei ristoranti cinesi, nelle cattedrali romaniche e in montagna.
Il 26 settembre 1969, in risposta agli articoli di Messner, Claudio con i suoi amici Almo Giambisi e Carlo Platter aprì la via del Drago sul Lagazuoi Nord: trecento metri di IV e V, cioè TD, interamente in libera su una parete verticale e bellissima.
Gino Buscaini la citò nel suo libro “Le cento più belle vie delle Dolomiti” e così diventò una bella classica. Ora, che l’uomo che aveva gridato “Salvate il Drago!” si fosse abbassato a scrivere libri sulle vie ferrate, fu per Claudio una vera sofferenza".
Commenti vari
Da "Quelli del Pordoi" di Alberto Sciamplicotti – Versante Sud
“L’altro giorno”, racconta Claudio socchiudendo gli occhi in un sorriso, “ho fatto una specie di passeggiata in parete molto istruttiva…”
“Una passeggiata in parete?” domanda Almo curioso.
“Si. Hai presente il Lagazuoi Nord, là dove sbocca il canalone che scende dalla forcella della Banca, proprio a sinistra di una torre gialla?” spiega Barbier muovendo le sue grandi mani nell’aria, quasi a voler disegnare il paesaggio. […]
“Uhm…” mugugna Almo cercando di scrutare negli occhi del suo amico. “Penso che ci sia sotto qualche cosa d’altro. Cosa mi nascondi?”
“Non ti nascondo nulla” sussurra sornione Barbier. “Anzi, forse ho trovato qualcosa… ho trovato il Drago. Quando pensi di poter essere libero dagli impegni dell’albergo?”
“Accidenti!” esclama Giambisi. “Penso che anche questa volta dovrai avere un bel po’ di pazienza se vorrai che una corda ci leghi”.
“Non c’è problema” rispose Claudio. […]
Quattro giorni dopo, Carlo Platter e Claudio Barbier si presentano all’albergo Col di Lana pronti a prelevare, se necessario anche con l’uso della forza, il loro amico. Dopo un intenso tira e molla e dopo aver atteso con pazienza che Almo fosse libero da un impegno dell’ultimo momento, finalmente riescono a uscire tutti e tre dall’albergo zaini in spalla […].
Barbier si è già legato in vita il cinturone di cuoio, fatto costruire da un artigiano, in cui fa passare le corde di assicurazione. Stringe il nodo bulino, lo controlla e voltandosi ai suoi amici dice: “Forza chiacchieroni che è già tardi. Vista l’ora, con quello che ci aspetta sopra, non penso che riusciremo a uscire in giornata: soprattutto se vogliamo tenere ben vivo il Drago”.
L’idea infatti è quella di provare a salire secondo una logica in cui al primo posto ci sia la volontà di salire secondo una logica in cui al primo posto ci sia la volontà di salire con le sole proprie forze, forzando al massimo i passaggi. […].
La mattina successiva sono sotto la parete ovest del Lagazuoi Nord. Barbier è arrivato sotto il muro verticale solcato da placche nere quasi correndo. Dietro di lui, facendo gli ultimi passi in silenzio, Platter e infine Giambisi. Davanti a loro un camino con un masso incastrato. Barbier comincia a salire per un diedro, fino a superare una impegnativa placca verticale. Veloci seguono gli altri due, mentre il silenzio della montagna sembra vibrare dell’energia trasmessa dall’eccitazione. Seguono due brevi camini che conducono fino in vetta a un pulpito. Quando sono tutti e tre riuniti intorno alla sosta, finalmente i sorrisi distendono i volti nell’esaltazione fisica dell’arrampicata.
“Ero preoccupato” rimugina Almo ad alta voce prendendo in mano la corda a cui è legato Barbier e preparandosi ad assicurarlo sul tiro successivo. “Vista la via su cui mi avete trascinato la scorsa settimana, pensavo che qui le difficoltà fossero ancora più impegnative…”.
Gli occhi di Claudio brillano di piacere mentre mormora: “Penso che il bello debba ancora venire. Poi, credo che oggi non siano tanto le difficoltà assolute quelle che andiamo cercando, quanto l’essere degni di un modo differente di affrontare la montagna… andiamo alla ricerca del Drago!”.
Nei tiri successivi Claudio usa i chiodi di assicurazione in maniera estremamente parca ma efficace: sembra voglia salire calcolando esattamente il confine fra sicurezza effettiva e soggettiva, quasi fosse alla ricerca estetica, oltre che alla linea di ascensione, della tecnica in uso per la salita. […].
Ancora una placca verticale, un altro diedro e una serie di gradoni. Al termine di una successione di camini, giungono infine sulle roccette terminali e in vetta. Mentre Almo, rabbrividendo per la brezza che va montando, indossa la usa giacca a vento di tessuto pesante arancione, Carlo Platter scatta una fotografia ai suoi amici. Barbier, seduto su un sasso, sorride felice nel momento che diviene immagine.
Pubblicazioni

Questa relazione è stata inserita nella guida ARRAMPICARE Dolomiti nord-orientali vol.1 edita da ViviDolomiti.
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Luca all'uscita del camino del secondo tiro

Matteo sulla placca della quarta lunghezza

   

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Quinto tiro caratterizzato da una fessura con roccia gialla un po' da valutare e chiodatura precaria

   

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Inizio del diedro del settimo tiro

Matteo sul diedro dell'ottava lunghezza

   
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La fessura strapiombante che porta all'ottava sosta Luca sulla difficile placca del nono tiro
   
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Il diedro che porta alla nona sosta Sulla cengia dove termina la via
   
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Pecore al pascolo sotto le guglie dolomitiche Il Lagazuoi Nord con il tracciato della via del Drago