Gran Zebrù - Via Normale

 
Zona montuosa Ortles - Cevedale Località di partenza Santa Caterina Valfurva (SO)
Quota partenza 2150 Mt. Quota di arrivo 3851 Mt.
Dislivello totale +556 Mt. dal parcheggio al rifugio Pizzini
+1145 Mt. dal rifugio alla vetta
Sentieri utilizzati n. 28b
Ore di salita 1 h. 30' dal parcheggio al rifugio Pizzini
4 h. dal rifugio alla vetta
Ore di discesa 2 h. 30' fino al rifugio
1 h. dal rifugio al parcheggio
Esposizione Sud-est Giudizio sull'ascensione Ottima
Data di uscita 31/07 - 01/08/2004 Difficoltà PD
Sass Balòss presenti
Omar, Gölem, Luca, Bertoldo
Condizioni climatiche, dei sentieri e del ghiaccio
Bella giornata di sole sabato 31 luglio, e soprattutto domenica 1 agosto. Sentiero comodissimo (strada sterrata) fino al Rifugio Pizzini, poi tracce di sentiero su morena fino al ghiacciaio.
Ghiacciao in buono stato, senza crepacci. Causa caldo per la stagione inoltrata scarsità di neve nei punti più soleggiati e ripidi, e neve molle già alle 9 di mattina.
Eventuali pericoli
Pericolo di caduta sassi nel tratto sotto la parete e lungo il canalino (caschetto consigliabile), poi rischio remoto di scivolata dai pendii più ripidi (max 45-50°). Pochi i crepacci, evitabili.
Presenza di acqua
Sorgente freschissima lungo il sentiero che porta al rif. Pizzini, poi fontana al rifugio stesso (con la scritta “non potabile”).
Punti di appoggio
Rifugio Ghiacciaio dei Forni (partenza), rifugio Pizzini-Frattola.
Materiale necessario oltre al tradizionale
Corda, imbraco, caschetto, ramponi, ghette, piccozza, occhiali da sole, utili delle viti da ghiaccio in caso di ghiaccio vivo.
Descrizione dell'ascensione

Descrizione percorso
Da Santa Caterina Valfurva imboccare la strada che, dopo 6 chilometri (limitazioni alla transitabilità delle automobili - necessario pagare un pedaggio), conduce all’ampio parcheggio (2150 Mt.) posto nei pressi del rifugio Ghiacciaio dei Forni. Da qui seguire la stradina che, dopo due ripidi tornanti, s'inoltra nella Valle di Cedèc e in circa un'ora e mezza, conduce al rifugio Pizzini.
La parete Sud del Gran Zebrù è ben visibile e con essa quasi tutta la linea della sua via Normale
; verso Est invece il Monte Pasquale con la tormentata vedretta del Cedèc.
Al mattino, prima dell’alba, si prende la traccia (non molto visibile al buio) che punta diritta verso il Gran Zebrù. La traccia, comunque visibile e segnalata da ometti per il primo tratto, risale i sassi e le ghiaie della morena glaciale puntando alla sinistra dell’enorme ed evidente roccione rossastro posto sotto il Gran Zebrù, dove termina, semisepolta dai detriti, la lingua terminale del ghiacciaio, poco sotto la parete del roccione rosso. Si raggiunge la fine della traccia di sentiero, in corrispondenza del limite del ghiacciaio, in circa un ora scarsa, 3150 Mt.
Calzati i ramponi e formata la cordata si risale il ghiacciaio contornando il roccione rosso, stando ben larghi per evitare i (pochi) crepacci, girando poi dietro verso sinistra, tenendosi sotto la parete del Gran Zebrù. Ad un certo punto è evidente in alto uno stretto canalino (lungo poco meno di 200 metri) che risale verso la spalla della montagna: è il “Collo di Bottiglia”, che occorre risalire fino al suo termine fino ad una sella posta sotto alla spalla che da qui risale verso la vetta. I canalino (max 45°) può essere poco innevato e con tratti di pietre a stagione avanzata, ed è a rischio di caduta sassi.
Dalla sella sopra il canalino (3550 Mt. circa, 3h.) si prende a risalire direttamente la ripida spalla verso la vetta (croce ben visibile un po’ sulla sinistra) con pendio abbastanza costante di 30-40°, poi l’ultimo tratto nei pressi delle roccette la pendenza aumenta (45-50° massimo) e con un po’ di fatica in più (attenzione ai sassi mobili) si risale fino alla cresta (attenzione alla cornice verso Nord), con vista mozzafiato verso l’Ortles e sulla sottostante Vedretta di Solda.
Pochi metri lungo la cresta e la vetta è raggiunta (3851 Mt., 4 h.) con la croce metallica ed il libro di vetta.
Discesa
La discesa avviene per la medesima via, in meno di 3 h. fino al rifugio Pizzini, e in un'altra oretta abbondante fino al parcheggio.

Note
Il Gran Zebrù era un sogno nel cassetto da un po’ di anni, quando avevamo declinato l’offerta di aggregarci ad un gruppo che lo saliva, non ritenendoci forse all’altezza, un po’ spaventati probabilmente da quella accuminata piramide rocciosa all’apparenza inaccessibile.
Ne è valsa sicuramente la pena, unico neo un numero di alpinisti che non ci saremmo mai aspettati: al mattino si sono messe in marcia numerose cordate, e in alcuni tratti un po’ delicati sotto la vetta c’erano problemi di traffico… meglio forse salire in un giorno feriale, e preferibilmente non oltre luglio, in quanto le condizioni con il ghiacciaio scoperto devono essere un po’ poco raccomandabili…
 
Commenti vari
“…è una cazzata”, lo spiritoso giudizio a freddo sulla salita di un Sass molto ma molto esigente, ma in realtà la salita al Gran Zebrù è di grande soddisfazione; si tratta di un itinerario sicuramente da consigliare, in un ambiente spettacolare di alta quota. La salita, seppure non difficile, non è per niente banale e richiede in alcuni tratti un minimo di attenzione e di tecnica di progressione coi ramponi su pendio, poi è abbastanza faticosa perché la pendenza rimane sempre abbastanza costante dando poco riposo. La vetta poi è panoramicissima.
   

Ingrandisci

Ingrandisci

Prime luci sulle cime - ore 6.10

Il ripido pendio dopo il "collo della bottiglia"

   

Ingrandisci

Ingrandisci

Prendendo fiato poco sotto la vetta

L'esposta cresta finale

   

Ingrandisci

Ingrandisci

I 4 Sass finalmente in vetta dopo 4h. e 8m.

I resti della "Meringa"

   

Ingrandisci

Ingrandisci

Ore 10.54, è già finito tutto...
siamo nuovamente sulla morena a valle

Il Gran Zebrù con la via di salita