Monte Brento/Strapiombi Centrali - Via Vertigine

 
Zona montuosa Prealpi Trentine - Valle del Sarca Località di partenza Località S. Giovanni al Monte - Arco (TN)
Quota partenza 1050 Mt. Quota di arrivo 1400 Mt. circa
Dislivello totale -600 +150 Mt. per l'attacco
+800 Mt. circa la via (1090 lo sviluppo)
Sentieri utilizzati Non numerati
Ore di salita 1 h. 40' per l'attacco
5 h. per lo zoccolo
20 h. per gli strapiombi
Ore di discesa 1 h. 15'
Esposizione Sud-est, est Giudizio sull'ascensione Ottima
Data di uscita 02-04/06/2016 Difficoltà VI+, A2
Sass Balòss presenti
Luca, Bertoldo.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Le giornate sono state accompagnate da tempo incerto con nebbie e qualche gocciolina d'acqua, soprattutto durante il superamento dello zoccolo. Il sentiero che si percorre durante l'avvicinamento è evidente ma in alcuni punti molto ripido ed esposto. Quello di discesa è frequentato dai base jumpers che ogni giorno saltano dal Monte Brento, sarà dunque impossibile perdersi. La roccia lungo la via è varia: placche compatte si alternano a tratti con roccia più delicata.

Eventuali pericoli

Soliti da arrampicata in ambiente. Tenere presente che una volta attaccati gli strapiombi, dopo le prime due lunghezze è da escludere una ritirata a corda doppia. La chiodatura è decisamente vetusta e in alcuni punti insicura.

Presenza di acqua
No. Solo a San Giovanni è presente una fontana.
Punti di appoggio
Nessuno. Presenti delle grotte dov'è possibile bivaccare al termine della salita. L'ascensione, anche se a due passi dalla civiltà, si svolge in un ambiente isolato e al tempo stesso grandioso.
Materiale necessario oltre al tradizionale

Per lo zoccolo, che si supera in arrampicata libera, bastano solo coppie e scarpette. Noi abbiamo usato un solo friend n 0.5 Camalot su L7. Per il superamento degli strapiombi servono due staffe per ogni componente della cordata, fifì e 30 coppie (ne servono di più solo su L21 ed L24. La prima si può dividere in due mentre sulla seconda bisognerà 'tenere a mano' le coppie). Anche qui un friend 0.5 permette di superare agevolmente un tratto sotto ai Tetti Balkan dove è saltato un golfaro.
Utile una prolunga (o buona dose di decisione) per risolvere i due passaggi più ostici dello zoccolo. Qualche chiodo ad angolo potrebbe tornare utile in caso manchino quelli presenti nella fessura della ventesima lunghezza.
Data la precarietà in cui versano numerosi dei golfari presenti, è indispensabile un pianta spit a mano con degli spit autoperforanti da utilizzare in caso di necessità. Noi ne avevamo 5 ma non sono bastati. 10/15 potrebbero garantire un buon margine di sicurezza.
Una buona quantità di acqua (almeno 2/2.5 lt) e un po' di cibo. Un bivacco è praticamente obbligatorio, quindi organizzarsi per la notte col materiale che si ritiene più opportuno e in base alla stagione (evitare comunque di appesantire troppo lo zaino).

Caratteristiche dell'arrampicata

Descrizione generale
Il Monte Brento precipita verso est con una parete alta
mille metri nella quale troviamo placconate inclinate, pilastri verticali e impressionanti strapiombi. E' una zona molto selvaggia solcata da alcuni itinerari di estrema difficoltà.
Per descrivere questa linea, aperta dal 19 al 25 aprile del 1992 da Marco Furlani, Diego Filippi, Andrea Andreotti, Heinz Steinkotter, Fabio Bertoni e Giuliano Gottardi, utilizziamo le parole dello stesso Filippi contenute nelle varie edizioni della guida Arco Pareti edita da Versante Sud:
"Di certo è la parete più bella della Valle del Sarca. Incredibilmente spettacolare ed attraente quando è baciata dal sole, selvaggia e opprimente quando è avvolta nelle nebbie invernali. Uno zoccolo di lavagne grigie sostiene una pronunciata ed enorme parete strapiombante.
Incalcolabili, su questa parete sono gli strapiombi, di ogni forma, dimensione e colore. Nei primi anni '70, alcune cordate trentine 'capeggiate' da Heinz Steinkotter, esplorarono la parete con l'intenzione di valutare la possibilità di tracciare una nuova via attraverso gli enormi strapiombi. Raggiunta la grande cengia centrale, dove organizzarono dei campi da bivacco, iniziarono a chiodare un lungo e marcato fessurone, il punto di minor resistenza per l'accesso ai grandi strapiombi. Questa spaccatura è quella che si nota tra il lungo diedro della via degli Amici e i primi grandi tetti della via "Vertigine" (e dove oggi corre la via "Universo Giallo" n.d.r.). Si procedeva lentamente, forando la roccia con perforatori manuali, salendo e scendendo parecchie volte dalla parete attrezzata con corde fisse. L'unica progressione possibile era con chiodi a pressione, ore e ore sulle staffe, e alla fine della giornata magari, si erano conquistati solo una trentina di metri. L'assalto durò una stagione intera prima della resa definitiva. Oltre alla progressione lenta ed estremamente faticosa si era aggiunta poi la friabilità della roccia. Inoltre, un'ascensione a 'riprese' come quella, comportava un sali-scendi dal canalone dello zoccolo, e questo, essendo costantemente soggetto a scariche di pietre non incoraggiava certo gli animi. Si rinunciò così, come lo battezzò Steinkotter, all' "Universo Giallo". Nel frattempo però, si notò sulla sinistra della parete un profondo camino che dava accesso alla parte alta della parete e ben presto erano alle prese anche con questo problema. Ne risultò una via fantastica e spettacolare, lunga e difficile, in un ambiente particolarmente suggestivo. Era nata la "Via degli Amici". In questi ultimi anni, il Monte Brento oltre ad essere preso d'assalto dagli alpinisti viene anche sfruttato dal movimento dei "Base Jumpers", che ogni weekend si danno appuntamento sulla cima per poi tuffarsi nell'ignoto... Mi hanno raccontato che questo salto è uno dei più belli e sicuri al mondo, sicuro perché raramente si possono trovare pareti così alte e fortemente strapiombanti, e questa, è un'altra prova dell'effettiva sporgenza della parete.
[...] (parlando della via "Vertigine" n.d.r.) Big Wall assolutamente spettacolare per il vuoto e l'esposizione. Vivamente consigliata per la sua linea logica ed elegante. Pur attraversando il cuore degli strapiombi, evita il superamento di questi in modo diretto, seguendo sempre il punto di minor resistenza. Itinerario che richiede grande tecnica e resistenza sulle staffe, altrimenti un bivacco sugli strapiombi risulterà inevitabile, pur essendo tutta la via attrezzata. E' un itinerario per gli amanti di quel gioco che si fa con le staffe e il vuoto assoluto. La roccia solida e la chiodatura ottima consentono una progressione tranquilla e sempre in serenità. Si ha così la possibilità di godersi uno splendido panorama e un meraviglioso ambiente, che da questo punto di vista appare veramente come unico e raro".

Dopo questa presentazione può sembrare inutile sottolineare che la salita è molto impegnativa e che dopo aver
superato le prime lunghezze strapiombanti è da escludersi una ritirata in corda doppia. Per vincere la parete sono necessari una notevole determinazione e un adeguato allenamento.
La nostra preparazione è durata più di una stagione, arrampicando spesso lungo le linee artificiali della Valle del Sarca: dalle salite più ingaggiose di Umberto Marampon con chiodatura lontanissima, come la via Cismon '93 alla Rupe Secca, alle vie più lunghe e di resistenza come la via dei Tre Spigoli ai Colodri o la Super Direttissima Mauro Rostagno al Piccolo Dain dove, a detta di Filippi, la nostra è stata la prima ripetizione. L'apertura di Aufguss Street al Monte Cimo ci ha permesso di prendere maggiore confidenza anche con la chiodatura dall'ultimo gradino della staffa. Nello zaino occorre avere spit autoperforanti perché la chiodatura ormai è decisamente vetusta e insicura.
Luca, circa 2 anni fa, aveva già salito lo zoccolo. Organizzare una giornata per salire unicamente questa parte della via può non piacere troppo ma certamente aiuta quando si compie la salita vera e propria.
Lo zoccolo è stato sistemato da Diego Filippi e Matteo Paoletto nel 2005: le soste sono su fix 10 mm. (alcune con catena e anello per le calate in corda doppia) e le protezioni presenti (sempre fix 10 mm) sono spesso lontane e non sempre facili da individuare. Le lunghezze finali dello zoccolo saranno sicuramente bagnate e scivolose se pochi giorni prima è piovuto (una di queste placche è di VI).
Sugli strapiombi le soste sono sempre ottime su 2 o più fix da 8 o 10 mm mentre lungo i tiri la chiodatura risente dell'età anche per il fatto che sono stati usati dei tasselli molto fini da 6 mm. Oggi in diversi punti, specie dov'è maggiore il contatto con l'acqua e l'umidità, sono insicuri. Parecchi sono già saltati; talvolta sono stati sostituiti con spit a mano, in altri casi con cordini penzolanti (Tetto Filippi), altre volte invece si riesce a proseguire piazzando un buon friend (Tetti Balkan).
Per quanto riguarda il "Tetto Filippi" la situazione è più drammatica: sotto il soffitto sono saltati gli ultimi golfari. Una catena di cordini consente attualmente di uscire dal tetto fin quando non si romperanno. Un cordino l'abbiamo aggiunto noi dal momento che si è rotto un golfaro durante la nostra ripetizione.
La ventiseiesima lunghezza si è presentata particolarmente schiodata con evidenti segni di golfari rotti o saltati. Per proseguire è stato
necessario calzare le scarpette e fare dei tratti di arrampicata libera dove possibile per poi piantare degli spit a mano. Con noi ne avevamo 5: ne abbiamo piantato uno solo sui 25 tiri precedenti e ben 4 su questa lunghezza! Purtroppo non ci sono bastati; le protezioni mancanti erano decisamente troppe e chi è passato prima di noi non si è preoccupato di rendere nota questa situazione. Alle 22.00 del secondo giorno, esauriti gli spit ed impossibilitati a piantare chiodi normali per mancanza di fessure, sfruttare la prolunga o staffare su cliff, siamo stati costretti, a soli 4 tiri dalla fine, a contattare il Soccorso Alpino con la consapevolezza che l'intervento sarebbe stato difficoltoso per via dei pronunciati tetti e strapiombi che caratterizzano questa magnifica salita.
L'unica possibilità di raggiungerci, da parte del Soccorso, è stata quella di scendere seguendo le lunghezze mancanti. Quando il soccorritore ha raggiunto la S26 gli abbiamo chiesto di fermarsi e consegnarci il trapano per poter posizionare le protezioni mancanti per arrivare in sosta e scongiurare in tal modo un futuro intervento. Abbiamo così ripreso la salita chiodando e ripristinando il tiro. Raggiunto Jacopo siamo stati recuperati dall'alto mediante un paranco. In cima abbiamo provveduto a ringraziare tutta la squadra del Soccorso Alpino Trentino e siamo poi scesi a piedi per recuperare la macchina.

La giornata è terminata al Bar delle Placche dove, sbinocolando lungo la parete, abbiamo scoperto che a un giorno di distanza un'altra cordata aveva attaccato la parete. La scelta di riattrezzare la lunghezza prima di essere recuperati è stata quanto mai azzeccata!
Attacco, descrizione della via
Raggiungere la località di San Giovanni (alcuni chilometri oltre la parete di Padaro) e parcheggiare (buone possibilità vicino alla chiesetta). In corrispondenza del cartello con la scritta "San Giovanni" prendere la strada sterrata verso destra seguendo le indicazioni per Dro (sentiero n. 425). Si passa accanto ad alcune abitazioni e poi la strada diviene sentiero ed inizia a perdere quota. Dopo circa 10 minuti il sentiero piega decisamente a destra e dritto inizia una strada forestale. La si segue (bolli rossi) ignorando i primi bivi poco marcati fino a raggiungerne uno molto evidente al quale è necessario andare a sinistra. Seguire sempre la strada sino a giungere nei pressi del bordo dell'altopiano boscoso della Cima alle Coste. Qui la strada piega a destra. Abbandonarla e proseguire dritti individuando delle frecce rosse che conducono al ripido canale che permette di abbassarsi fino alla quota dell'attacco. Attenzione agli ultimi metri del canale con roccia abbastanza friabile (presente un fix con anello per un'eventuale corda doppia). Al termine del canale portarsi, tramite sentiero abbastanza pianeggiante, in direzione della Grande Placconata (dove corrono le vie della Speranza, Boomerang, ecc.). Qui abbassarsi, senza mai allontanarsi troppo dalla parete, fino ad aggirare lo spigolo oltre il quale si trova la zona degli Strapiombi Centrali. Per tracce, a volte poco marcate, r
isalire fino a raggiungere la base dello zoccolo identificando, più o meno al centro, una rampa che sale in obliquo verso sinistra. L'attacco della via è posto al termine di questa rampa (2fix+catena+anello).
E' possibile evitare lo scomodo avvicinamento (lungo il ripido canale in discesa) organizzandosi con due macchine: una a San Giovanni e una al Bar delle Placche (avvicinamento con più dislivello ma meno rognoso).

1° tiro:
alzarsi a sinistra della sosta e poi spostarsi a destra salendo verso uno strapiombino. Non superarlo ma traversare verso destra stando bassi. Raggiunta una zona più facile proseguire in verticale spostandosi poi a sinistra in direzione della sosta (2 fix+cordini+maglia rapida). 30 Mt., V+, V.

2° tiro:
traversare a sinistra, rimontare una sorta di pilastro e superare infine un piccolo strapiombo. Proseguire lungo la placca sino alla sosta (2 fix+cordino+maglia rapida). 30 Mt., IV, VI, IV.

3° tiro:
spostarsi a destra e superare un breve ma ostico muretto. Continuare in leggero obliquo verso destra sfruttando i punti deboli della placca. Ignorare una prima sosta (2 fix+catena+anello) e continuare sino alla base del successivo muro strapiombante (2 fix+cordini+maglia rapida). 40 Mt., V+, IV.

4° tiro:
superare il muro verticale con brevi passi strapiombanti. Necessaria una certa resistenza e decisione. Al suo termine traversare verso sinistra sino alla sosta (2 fix+catena+maglia rapida). 35 Mt., V+, IV.

5° tiro:
salire la placca compatta sfruttando i pochi punti deboli sino ad un muro verticale. Qui spostarsi a destra e continuare per terreno più semplice ritornando a sinistra fino alla sosta (2 fix+catena+maglia rapida). 40 Mt., V+, VI, IV.

6° tiro:
salire inizialmente dritti e poi leggermente in obliquo verso sinistra sino a raggiungere la base del successivo muro strapiombante dove si sosta (2 fix+cordini+maglia rapida). 35 Mt., IV.

7° tiro:
lunghezza molto impegnativa che richiede decisione per essere superata. Superare il muro strapiombante seguendo la spaccatura che sale verso sinistra. Al suo termine superare una placca molto compatta con uscita infida disturbata dall'erba. Obliquare poi a destra sino a raggiungere la sosta (2 fix+catena+anello). Attenzione ad alcune scaglie instabili lungo il tiro. 35 Mt., VI, VI+, V.

8° tiro:
salire la placconata sfruttando i punti più deboli e cercando roccia compatta. Le poche protezioni presenti possono causare qualche piccolo problema d'orientamento e quindi l'identificazione della sosta (2 fix+catena+anello), che si trova leggermente spostata sulla sinistra.
45 Mt., IV.

9° tiro:
seguire le placche concave che formano un canale superficiale e sostare (2 fix+catena+anello) poco dopo il suo termine.
50 Mt., IV, V-, IV.

10° tiro:
salire verso sinistra su terreno ghiaioso sino a raggiungere la base di una placca nerastra, sovrastata da un arco, dove si sosta (fix+chiodo). 50 Mt., I, II.

11° tiro:
questa lunghezza è spesso bagnata; solo dopo lunghi periodi di bel tempo si presenta asciutta. Nel corso delle varie ripetizioni sono stati aggiunti un paio di spit, abbassando così l'impegno globale del tiro, anche se qualche passo resta obbligato. Salire la placca, superare un faticoso diedrino e traversare verso destra raggiungendo la base di uno strapiombo ad arco, dove si sosta (2 fix+cordino).
25 Mt., IV+, VI+ oppure A0, IV.

12° tiro:
non alzarsi lungo l'arco ma traversare verso destra stando bassi. Alla fine della traversata salire in direzione dell'arco e traversare nuovamente verso destra. Rimontare un muretto e aggirare verso destra il pilastrino raggiungendo così la sosta (2 fix+catena+anello).
20 Mt., IV, V+, VI+ oppure A0, V+.

13° tiro:
salire in verticale fino una cengetta e spostarsi a sinistra. Alzarsi tra roccette e sfasciumi fino un'altra cengetta detritica inclinata più grande della precedente. Qui è possibile decidere se proseguire la salita o raggiungere i comodi posti da bivacco. Nel primo caso traversare verso sinistra raggiungendo una pianta da cui parte una corda fissa e sulla quale si sosta (cordone). 25 Mt., IV, II. Per raggiungere la cengia da bivacco alzarsi obliquando verso destra su sfasciumi e poi traversare decisamente verso destra fino all'evidente boschetto pensile. Abbassarsi leggermente per raggiungerlo e poi portarsi alla sua estremità destra dove si trova una zona abbastanza riparata e comoda per poter bivaccare. Circa 120 Mt., IV, II. Per riprendere la salita sarà necessario tornare indietro alla pianta dalla quale parte la corda fissa.

14° tiro:
superare la placchetta seguendo la corda fissa (attenzione che è un po' logora) fino a raggiungere la pianta a ridosso degli strapiombi dove si sosta (cordoni). Possibile bivaccare abbastanza comodamente solo in due persone. Ottima alternativa alla cengia da bivacco se si pensa di stare fermi poche ore. 50 Mt., III, IV.

15° tiro.
da qui inizia il magico mondo delle staffe e del vuoto. La prima parte della lunghezza però richiede ancora dell'arrampicata libera. Dalla pianta alzarsi e, raggiunti gli strapiombi, traversare verso sinistra abbassandosi leggermente. Raggiunti i golfari superare il muro strapiombante sino a raggiungere la sosta. La corda fissa consente di evitare il tratto iniziale in arrampicata libera. 40 Mt., V+, A2.

16° tiro:
in verticale circa 3 metri, breve traverso a sinistra, poi dritti sulla fascia strapiombante e nuovamente verso sinistra imboccando un marcato diedro che si segue fino in sosta con alcuni brevi passaggi in arrampicata libera. 35 Mt., A1, A2, V.

17° tiro:
proseguire lungo placche rosse verticali. 40 Mt., A1, passo di III.

18° tiro:
obliquare a sinistra e portarsi sotto la verticale di un diedro fessurato strapiombante. Salirlo e poi traversare faticosamente a sinistra. Gli ultimi metri che precedono la sosta sono resi più difficoltosi dalla mancanza di qualche anello (sfruttare il cordino che scende dalla sosta). Allungare bene le protezioni per ridurre gli attriti. 40 Mt., A2 faticoso.

19° tiro:
da qui quasi ogni tiro presenta dei golfari decisamente precari e/o mancanti.
ci si trova sotto la grande fascia dei "Tetti Balkan". Terminata la traversata salire in verticale lungo una placca nera strapiombante. Sostare sotto il grande tetto. 35 Mt., A2.

20° tiro:
raggiungere il soffitto e traversare a sinistra fino alla fine del tetto. Qui si incrocia la via "Brento centro" aperta da Jorg Verhoeven e David Lama nel 2010. Continuare in verticale lungo una fessura con chiodi normali e la successiva placca. Uno spostamento a destra consente di guadagnare la sosta. 40 Mt., A2.

21° tiro:
alzarsi a destra della sosta e, dopo circa 5 metri, traversare a destra. Continuare poi in verticale obliquando leggermente a sinistra sino ad una sosta intermedia (1 fix+1 golfaro+cordino della via "Brento centro"). Continuare nel sovrastante diedro svasato e, al suo termine, sostare leggermente più a destra (in comune con la via "Universo giallo"). 55 Mt., A1.
Consigliamo vivamente di spezzare il tiro in due utilizzando la sosta intermedia. Con una chiodatura migliore si potrebbero tranquillamente rinviare la metà dei golfari, ma visto lo stato in cui versano molti di essi, non ci sentiamo di consigliarlo.

22° tiro:
continuare in obliquo verso sinistra superando una sequenza di placche e portandosi sotto il grande "Tetto Filippi". Allungare bene le protezioni per via degli attriti. 40 Mt., A1.

23° tiro:
lunghezza con chiodatura molto precaria. Salire in direzione del tetto. Un tratto con anello mancante viene superato grazie ad un cordino penzolante. Traversare sotto il tetto uscendone con difficoltà. Gli ultimi golfari prima dell'uscita sono tutti rotti. Attualmente si riesce a progredire sfruttando una catena di cordini. Usciti dal tetto si continua su muro verticale sino alla sosta che è su un'esile cornice a sinistra. 35 Mt., A2.

24° tiro:
ora si supera il "Diedro delle Millefoglie" obliquando alla fine verso destra per raggiungere la sosta. Qui è ancora presente l'argano utilizzato durante l'apertura per il passaggio dei rifornimenti con la cengia mediana. 50 Mt., A2.

25° tiro:
abbiamo trovato questa lunghezza per buona parte schiodata; ora è stata completamente da noi ripristinata. Dalla sosta traversare in leggera ascesa verso sinistra superando qualche breve passo in arrampicata libera. Questa lunghezza porta il nome di "Diagonale Volante". 40 Mt., A1, qualche passo di IV, V.

26° tiro:
traversare verso sinistra e aggirare uno spigolino. Sostare poco dopo. 40 Mt., A1.

27° tiro:
salire in verticale e spostarsi a destra in direzione della sosta con alcuni breve passaggi in arrampicata libera. 20 Mt., V+, A1.

28° tiro:
superare in massima esposizione il "Tetto Andreotti". 40 Mt., A2.

29° tiro:
salire il diedro svasato ed uscire dalla parete. 30 Mt., V+, A1.
Discesa
Seguire il sentiero fino alla parete: piegando a destra si può raggiungere in breve tempo una grotta dov'è possibile attrezzare un bivacco. Se invece si decide di scendere senza bivaccare imboccare la traccia verso sinistra che costeggia tutta la parete (un'altra grotta attrezzata per un eventuale bivacco) e che consente di guadagnare un colletto (presente una corda fissa).
Oltrepassato il colle il sentiero è sempre in discesa. Abbassarsi seguendo la traccia ed ignorando eventuali sentieri che l'attraversano. Dopo una ripida discesa la traccia conduce ad una strada sterrata che in breve riporta alla frazione di San Giovanni.

Commenti vari

Sarebbe bello, e utile, che eventuali ripetitori portassero aggiornamenti sullo stato della chiodatura alle ragazze del Bar delle Placche o al mitico Berry di Arco Resoling che, tra una risuolatura e l'altra, trova sempre il tempo per sbinocolare la parete. In questo modo, chi intende attaccare la via, potrà avere sempre informazioni aggiornate.
Un ringraziamento particolare va ovviamente a tutti i ragazzi del Soccorso Alpino Trentino per l'operazione messa in atto: la professionalità dimostrata e il coordinamento sono stati notevoli. Intervento certamente complicato e fuori dalla quotidianità che è stato gestito alla perfezione e che merita di essere conosciuto.

Note

Dal libro "Ampio Respiro" di Marco Furlani, Nuovi Sentieri Editore:
Il Sogno di Pietra di Andrea Andreotti
"Da molti anni la Parete Est del Monte Brento, in Valle del Sarca, costituiva un problema alpinistico di primaria importanza. Con la sua imponenza, la sua grandiosa successione di tetti e strapiombi, il suo colore giallo-oro reso ancor più brillante dalla luce del mattino, era un richiamo irresistibile per le centinaia di alpinisti che frequentavano ogni giorno la valle.
Osservata ed ammirata da tutti era con gli anni diventata il problema che tutti i migliori volevano risolvere. Alpinisti famosi come Gadotti, Steinkotter, Furlani, Martini, per citarne solo alcuni, non solo l'avevamo studiata, ma avevano anche aperto delle vie nuove ai suoi lati, magari con la segreta speranza di poterne salire un giorno il centro.
Io stesso, assieme a Giuliano Stenghel, in uno dei nostri vagabondaggi vi avevo cercato una possibilità di salita. "Se non la facciamo noi la faranno presto i tedeschi" mi aveva detto in quell'occasione Giuliano con una punta di giusto campanilismo.
I problemi da affrontare, la chiodatura soprattutto, erano eccessivi e la cosa non ebbe seguito. Un tentativo più serio, alcune lunghezze di corda, lo feci con Marco Pegoretti, ma anche questo finì ben presto, oltretutto con la mia corda tranciata dalla caduta di un sasso.
I tempi non erano maturi e la parete rimase inviolata. Una continua sfida, impossibile da ignorare.
Passarono gli anni. La tecnica portò nuovi strumenti d'arrampicata ed io ebbi la fortuna di arrampicare con Marco Furlani. Bastò parlarne e subito l'idea di salire i grandi strapiombi del Brento divenne un progetto concreto. Si trattava solo di decidere come.
Fra alpinisti esperti le decisioni vengono rapide.
Una cordata di sole due persone non era pensabile. Quattro? Forse troppo lenti e pesanti. Tre era il numero ideale ed individuammo subito in Diego Filippi la persona più adatta: giovane, entusiasta, con al suo attivo una grande esperienza nell'arrampicata artificiale.
Secondo problema: stile alpino o himalayano con corde fisse e continue risalite? Siamo sulle Alpi e vogliamo vivere una grande avventura, non solo salire una parete: stile alpino. E gli oltre 600 chiodi previsti? Come piantarli? E la permanenza in parete quanto si protrarrà? Giorni o settimane? E... e...
Fedeli alla nostra impostazione mentale e culturale decidiamo di attenerci al metodo più classico. Naturalmente adattato al problema da risolvere ed ai tempi moderni.
Essere classici non significa ripetere il passato, arrampicare come una volta, ma attenersi il più possibile alla filosofia ed ai comportamenti dei padri adattandoli tuttavia alle esigenze dei tempi nuovi. Vennero così l'elicottero, il trapano elettrico, il cordino di collegamento con un campo avanzato in parete. Decisioni che ad alcuni puristi hanno fatto storcere il naso, ma che, vagliate le alternative, sono e rimangono le più alpinistiche e classiche.
Così venne il giorno della salita.
Preparata in precedenza la parte in libera e la piccola terrazza a metà parete, partiamo per la grande avventura sugli strapiombi più grandi d'Europa. Riusciremo? Sono con noi gli amici Heinz Steinkotter, Fabio Bertoni e Giuliano Gottardi che ci assisteranno durante la salita con il rifornimento di materiali e batterie per il trapano elettrico.
Il secondo giorno di salita siamo già sugli immensi tetti del grande portale. Non è facile abituarsi a tanto vuoto e spesso viene voglia di chiudere gli occhi o di rinunciare tanto, ci sembra impossibile la nostra impresa. Solo che scendere fa quasi più paura che salire.
Dopo i primi tre giorni si prende il ritmo. E' una dimensione particolare quella in cui ci troviamo a vivere, ma l'uomo è un animale molto adattabile ed il vuoto cessa di diventare un problema. Nonostante i piedi ed il corpo siamo sempre in aria e ci muoviamo con disinvoltura. Saliamo, scendiamo, rientriamo alla notte sulle esili piattaforme dove riusciamo perfino a dormire. Il giorno dopo si risale il tratto chiodato, si trasportano le piattaforme e ci si prepara per un altro giorno.
Riusciamo perfino a scherzare e ad essere felici della reciproca compagnia. Tutto questo sempre nel vuoto più assoluto, nemmeno un appoggio per mettere i piedi.
Così per otto giorni. Otto giorni indimenticabili, riempiti da una miriade di sensazioni e da sentimenti vissuti con estrema intensità.
L'amicizia, la paura, la gioia, lo scoramento, il desiderio di casa, l'ansia e l'esaltazione data dalla consapevolezza di star facendo qualcosa di unico.
Per otto giorni viviamo quasi come dei drogati sempre al limite, seppur lucidissimi. E quando in cima veniamo accolti dagli amici più cari è davvero difficile trattenere quell'umidore agli occhi, sciogliere quel nodo che ci stringe la gola.
Siamo fuori! Siamo in cima! Abbiamo vinto!".

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Luca all'inizio de viaggio, sulla seconda lunghezza

Matteo alla sesta sosta

   

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Sedicesimo tiro, nel centro della parete

Diciassettesima lunghezza. La nebbia non fa percepire il vuoto

   

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Matteo su L18 sotto ai Tetti Balkan.
Forse il tiro con alcuni dei passaggi più faticosi di tutta la via

Diciannovesimo tiro in massima esposizione.
Da qui si inizia a fare veramente i conti col vuoto assoluto

   

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 Diciannovesima sosta sempre sotto ai Tetti Balkan

Ventesimo tiro

   

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La ventunesima lunghezza permette di tirare un po' il fiato tra due sezioni più impegnative

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Ventiduesimo tiro

Luca supera il Tetto Filippi

   
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Matteo all'uscita del Tetto Filippi La sosta dell'argano (ventiquattresima sosta)
   
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Lungo traverso a sinistra su L25 Dettaglio degli strapiombi del Monte Brento
con il tracciato della via Vertigine
   

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