Descrizione generale
La nord della Cima Ovest di Lavaredo è stato per anni uno degli ultimi "problemi" alpinistici da risolvere. Riccardo Cassin e Vittorio Ratti riuscirono nell'impresa nell'agosto del 1935 dopo 50 ore di permanenza in parete.
La via oggigiorno è molto ripetuta. Sui tiri più impegnativi
si trovano molti chiodi ed anche cordini per azzerare. Le
soste sono tutte attrezzate, alcune con chiodi, altre con 2
spit ad altre ancora con entrambi. La roccia nei primi tiri
non da molta sicurezza, ma non appena iniziano le difficoltà
diventa ottima, perfettamente ripulita dalle molte
ripetizioni. Le lunghezze finali, nonostante presentino
difficoltà limitate, hanno roccia solida. Attenzione solo alla
rampa finale dalla quale si scaricano parecchi sassi,
specialmente con lo scorrimento delle corde.
Attacco, descrizione
della via
Da Misurina imboccare la strada che conduce alle Tre Cime
di Lavaredo. Dopo qualche chilometro sulla strada vi è
una barriera con casellante. Qui si può optare se proseguire
in macchina e pagare il pedaggio (20 €) oppure parcheggiare
e continuare a piedi (6,5 Km.).
La strada conduce al rifugio Auronzo (2320 Mt.).
Parcheggiare in uno degli spiazzi a sinistra del rifugio ed
imboccare il sentiero n. 105 che conduce alla forcella Col di
Mezzo. Si procede quasi in piano fino ad aggirare il massiccio
delle Tre Cime per ritrovarsi di fianco ai loro versanti nord.
Si sale per tracce e successivamente per ghiaione puntando
alla destra dell'enorme strapiombo giallo alla base della Cima
Ovest. Sotto la direttiva dello spigolo (dove corre la via
degli Scoiattoli) si nota una fascia di roccia grigia. Si
attraversa un canale e ci si porta su un terrazzino abbastanza
comodo. Sull'estremità sinistra del terrazzino spit di sosta.
1° tiro:
si sale la rampa a sinistra del terrazzino puntando
leggermente a sinistra. Poi spostarsi un paio di metri a
destra risalendo un diedro poco marcato fino in sosta (varie
possibilità: a sinistra 2 vecchi chiodi; nel
centro 2 spit; oppure su un terrazzo a destra 2
chiodi distanti).
35 Mt., II, III+, IV-, 1 chiodo.
2° tiro:
si raggiunge la sosta di destra, poi per placca obliquando a
sinistra fino ad una cengetta sovrastata da un pilastrino.
30 Mt., IV, IV+, 2/3 chiodi.
3° tiro:
la via sale a sinistra del pilastrino. Noi siamo saliti a
destra per diedro/fessura fino alla sua sommità. Poi si passa
sulla parete gialla e si sale alcuni metri fino alla sosta (3 chiodi). 35 Mt., IV+, 2 sassi incastrati.
4° tiro:
inizialmente a sinistra fino a prendere una grossa fessura che
porta ad una comoda sosta (spit) su cengia. 35 Mt., V-, circa 4
chiodi.
5° tiro:
si traversa a sinistra su cengia fino al suo termine (2 spit
per sosta), quindi superare la parete strapiombante con passo
non semplice e non azzerabile (VI-). Su questo tiro si trova
una corda fissa. Però non è facile azzerare il passo
difficile, poiché si è in strapiombo e la corda contribuisce a
buttarti in fuori. 25 Mt., IV, VI+ oppure VI- e A0, 4
chiodi, 1 sosta intermedia (2 spit), corda fissa.
6° tiro:
indiscutibilmente il tiro chiave della via. Si supera lo
spigolo in grande esposizione e si prosegue per placca
obliquando sempre a sinistra. Molti chiodi ed il proseguimento
della corda fissa che c'era nel tiro precedente. Un
cordino viola penzola per un paio di metri nel punto in cui Cassin impiegò 4 ore per piantare un chiodo. 20 Mt., VIII oppure V- e A0, circa 10 chiodi,
corda fissa.
7° tiro:
traverso vero e proprio verso sinistra per circa 50 Mt.
Possibilità di dividere il tiro in due. Si seguono i chiodi ed
i numerosi cordini che facilitano un paio di passaggi in
discesa. L'esposizione in questo tiro è impressionante. Ci si
può appendere a dei cordini e restare penzolanti nel vuoto.
Sosta (2 chiodi+1 spit). 50 Mt., V, VII oppure A0, V,
almeno 10 chiodi, cordini.
8° tiro:
superare lo strapiombino proprio sopra la sosta (3
chiodi), poi si piega a sinistra alcuni metri e si supera un
muretto molto verticale con l'aiuto di una
lametta oltre il quale si sosta (2 chiodi). 40 Mt., VI oppure A0, V+,
circa 8 chiodi.
9° tiro:
superare la placca con movimenti
delicati e poi alcuni metri difficili in strapiombo. Si
traversa a sinistra, alzandosi un poco, fino a giungere su
una larga cengia dove si sosta (2 spit 1 dei quali nascosto sotto
al tettino giallo).
40 Mt., VII oppure V+ e A0, IV+, 10 chiodi.
10° tiro:
superare le rocce strapiombanti sopra la sosta fino al chiodo,
poi traversare a sinistra fino alla grossa fessura. Infine
proseguire per rocce più semplici fin sotto la verticale di un
evidente diedro giallo. Cercare la sosta (3 chiodi). 45 Mt.,
VI, III, IV+, 5 chiodi.
11° tiro:
salire per rocce abbastanza semplici fino al
terrazzino alla base del diedro. Spostarsi a sinistra e
attaccare il diedro, con passo iniziale non semplice, fino
alla sosta posta su una specie di pulpito. 30 Mt., V, 5/7 chiodi.
12° tiro:
salire obliquando a destra (non continuare nel diedro) fino ad
incontrare un camino (2 spit e poi 2 chiodi vicini). Dopo una
strozzatura del camino si esce su rocce friabili e per esse si
raggiunge un terrazzo dove si sosta (1 vecchio chiodo
(grosso) con anello).
30Mt., V, 2 spit, 2 chiodi.
13° tiro:
per rocce semplici fino ad una comoda cengia che si percorre
verso destra fino al diedro. Si sale il diedro (chiodo) per
poi portarsi sulla parete sinistra del successivo canale dove
si sosta. 55 Mt., III, IV, 2 chiodi.
14° tiro:
si percorrono gli ultimi metri del canale e si esce a destra
su cengia. Si procede sempre verso destra salendo ad una
terrazza piena di massi instabili e si sosta (clessidra
sulla parete gialla di sinistra). E' quasi inevitabile smuovere
sassi con le corde, ma è necessario fare molta attenzione per
le eventuali cordate sottostanti. 55 Mt., IV, II, 2 chiodi.
15° tiro:
si percorre la facile rampa a destra della sosta che porta
alla cengia circolare proprio sotto la vetta dove si attrezza la
sosta (spuntone).
25 Mt., III, I.
Discesa
Si procede lungo la cengia circolare fino ad incontrare
un caminetto di 20 Mt. dal quale si scende arrampicando (III+)
oppure con una calata. Poi si seguono gli
ometti ed i segni rossi che scendono inizialmente nel canale
ma che si abbandona poco dopo. Alcuni metri di III sulla
destra del canale (viso a valle) per raggiungere un ometto
situato sopra una rampa di 30 Mt. più semplice. Un pezzo su
sfasciumi, poi in cresta e ancora giù da un canalino fino ad
una terrazza dove è situata una trave in legno. Ci si sposta a
sinistra rientrando nel grosso canale abbandonato sopra. Si
scende con facile arrampicata (II) fino a pochi metri da
un'evidente grotta quadrata della guerra e da qui si scende
per l'evidente e facile canale ghiaioso di fronte ad essa.
Noi, dalla cengia circolare, abbiamo impiegato 1 ora per
raggiungere il rifugio Auronzo, scendendo dalla vetta circa
30-60 minuti in più. |
Al termine del terzo tiro Alfio e Matteo si sono calati a
causa di un malore.
Nelle relazioni la via è
descritta con 20 lunghezze di corda, noi ne abbiamo fatte solo
15 accorpandone alcune corte.
Giunti alle cengia circolare si può salire in vetta mediante
la "Normale", II, III, 10 Mt. di III+. Noi però siamo scesi
poiché il tempo non prometteva niente di buono.
Riportiamo qualche passo scritto da Riccardo Cassin in occasione dell'apertura della via:
"[...] Abbiamo appetito. "Mangiamo qui?" - "Se rimandassimo al prossimo tiro di corda?"
Sette ore ci abbiamo messo a superare il tratto successivo: sette ore senza tregua, tirando il fiato appesi ai chiodi, lottando a denti stretti con la montagna che si difendeva accanitamente. Quattro ore ho impiegato per fissar eun chiodo su quella muraglia che mi buttava indietro, inesorabilmente. Alla fine ci sono riuscito. Il ferro è sicuro, ma sono giunto al termine delle corde: fra me e Ratti non ci sono punti dove egli possa sostare, e allora sale per circa dieci metri fino al primo chiodo saldo che incontra, fa due staffe con il cordino, si appende alla parete stando nel
vuoto e manovra le mie corde affinché io possa procedere. Lo avverto di fare attenzione, mi alzo di circa un metro al di sopra di quel chiodo che mi è costato tanta fatica e cerco di metterne un altro. Capisco però che il nuovo chiodo non dà affidamento e mentre tasto per fissarne uno più sicuro, quello parte e faccio un volo di circa un metro. Per fortuna il chiodo sotto tiene. Risalgo, riprovo, torno a volare, e ogni volta è uno sforzo estremo. Devo fare pause per rilassare i muscoli quel tanto che la posizione lo consente, e per scaricare la tensione nervosa. Tre volte volo, ma sono più testardo di questo cocciuto lastrone che mi sovrasta. E finalmente il chiodo entra [...]"
(dal libro "Capocordata" di Riccardo Cassin - CDA Vivalda Editori)
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