Descrizione generale Tra
il gruppo calcareo della Concarena e quello del Pizzo Camino,
si trovano, tra gli altri, due passi: il Passo di Valzellazzo a Est e
quello di Liffretto ad Ovest. Tra questi due valichi corre una lunga e
divertente cresta, più rocciosa ed impegnativa nella prima metà, più
erbosa e camminabile nella seconda. Lungo tale cresta si elevano alcune
cime, la più conosciuta delle quali è il Monte di Vai Piane, quotato e
nominato sulle carte, ma non certo la più attraente ed impegnativa
delle cime da salire. Le altre sommità che si incontrano sono le due
Corna di Vai Piane, più elevate e divertenti da affrontare, per ultima
poi troviamo anche la Corna Marcia, che passa quasi inosservata sopra
al Passo di Lifretto. Poco oltre il passo, verso Ovest, si innalza (per
così dire...) il modesto Dosso Bi, troppo vicino per non essere
anch'esso raggiunto. In questa relazione siamo partiti dal Passo di
Valzellazzo per arrivare al Passo di Lifretto, ma nulla vieta che la
cresta possa essere percorsa in senso opposto. La divertente traversata
presenta solamente un paio di punti piuttosto delicati e che necessitano di
muoversi con sicurezza su roccia; tali punti sono oltretutto aggirabili
scendendo e risalendo per ripidi e malagevoli canalini erbosi sul versante camuno. Per il
resto si tratta di una bella camminata in una zona pochissimo battuta e
con viste eccezionali sui gruppi della sempre affascinante Val di
Scalve.
Descrizione percorso Lasciata
l'auto nei pressi del rifugio Cimon del Bagozza, lungo che la strada
che dalla località Fondi di Schilpario, sale al passo del Vivione, ci
inoltriamo nel bosco seguendo la freccia del sentiero n. 419/418 per il
Passo di Valzellazzo. Il cartello si trova sulla destra, al tornante
che precede il ristoro Baracca Rossa, sotto al rifugio Bagozza. Poche
decine di metri e attraversiamo il greto di un torte asciutto. Il
sentiero è ampio e comodo. Superiamo una radura nel bosco. Poi troviamo
una palina alla quale proseguiamo dritti (sentieri 428 e 418), ignorando
il sentiero 419 che procede verso destra per il Passo di Lifretto e dal quale scenderemo. In
breve possiamo già vedere il Passo di Valzellazzo e la caratteristica
sagoma triangolare del Bivacco Don Corini, al quale arriveremo in circa
1 ora abbondante. Perdiamo qualche metro tra larici e cespugli. Una
palina ci indica il bivacco ad 1 ora e mezza. Da qui abbiamo una bella
vista sulle Corna di Vai Piane e la cresta che seguiremo dal bivacco
verso destra, nonchè dall'altro lato sul gruppo del Cimon della Bagozza
e i Crap. Un sentierino tra la vegetazione scende fino ad incrociare un
bivio. Qui andiamo a sinistra, salendo lungo il sentiero n. 418. Ora la
pendenza diviene più sostenuta e la fitta vegetazione erbacea ci
ostacola un pochino. Entriamo in un ampio vallone che culmina al Passo di
Valzellazzo. Ci impiegheremo quasi tre quarti d'ora per arrivarci, ma
saranno faticosi e intensi. Le pendenze divengono costanti e elevate,
ma alcuni tornantini ci permettono di salire senza difficoltà, tra
cespugli e sassi, con il bivacco bene in vista sopra di noi. Giunti al
passo, ci riposiamo un poco e diamo un'occhiata al moderno edificio
triangolare, dotato di pannelli solari e con beni essenziali. Dal passo
andiamo a destra seguendo una evidente traccia (sentiero n. 6) che sale ad una vicina
selletta erbosa con paletto di legno e bollo bianco e rosso, leggermente sulal sinistra. Potremmo
anche seguire la costa erbosa più a destra, ma risulterebbe più
faticosa. Dalla selletta, abbandoniamo la traccia che traversa i ripidi
pendii erbosi e pieghiamo a destra per raggiugere la cresta sopra di
noi e che poi seguiremo verso sinistra. Questa, inizialmente ,appare
facile ed erbosa, abbastanza larga e scarsamente ripida. Poi, una volta
che si abbatte e diviene pianeggiante, diventa decisamente più sottile
ed aerea, ma ancora facile ed erbosa. Giunti ad un punto, la cresta
tende a scendere leggermente, ora diviene più rocciosetta e esposta,
con qualche saltello innoquo, ma da fare con cura. Verso la fine della
discesa, proprio sopra la sella che ci separa dall'antecima della Corna
Orientale di Vai Piane, ci troviamo davanti un bel salto di 4-5 metri
piuttosto delicato e molto esposto. La roccia è salda, solo con qualche
detrito fastidioso e gli appigli sono ben presenti, ma la vista del
vuoto da entrambe le parti potrebbe creare qualche problema. Evitiamo
di calarci direttamente nella spaccatura che vediamo sotto di noi,
creata da due lame di roccia, poichè potremmo restare incastrati con lo
zaino. Scendiamo invece leggermente sulla sinistra, facendo bene
attenzione (II grado, verticale ed esposto). Giunti alla sella erbosa sotto il salto, ci
dirigiamo verso la ripida costa erbosa e sassosa che abbiamo davanti.
Per chi non se la sentisse di disarrampicare questo passaggio
(oggettivamente un poco impegnativo), esiste la possibilità di scendere
in un ripido canalino erboso sulla sinista, pochi metri prima di
arrivare al salto stesso. In tal modo si aggira l'ostacolo, facendo
comunque molta attenzione alle balze erbose molto ripide. Dalla sella
saliamo quindi senza difficoltà per la ripida china davanti a noi,
restandone più a destra possibile, per sfruttare qualche roccia
affiorante, oppure al suo centro per balze erbose. Giunti senza
problemi sulla sommità di questa antecima, scendiamo con cura sempre
stando in cresta, inizialmente erbosa e facile ma poco più avanti ci si
presenta il tratto più imegnativo della intera camminata: un segmento
roccioso di cresta decisamente esposto, sottile e con roccia non
perfetta. Ci abbassiamo con molta prudenza, sfruttando bene appoggi e
appigli, fino a trovarci la strada sbarrata da un piccolo
torrioncino appuntito proprio sul filo di cresta. Questo non è
aggirabile sulla destra, poichè la parete da quel lato cade verticale
ed anche sulla sinistra appare complicato, ma con calma e spirito di
osservazione, potremo trovare la soluzione al problema stando
leggermente sulla sinistra del pinnacolino; alla sua base, infatti
scorgiamo una cengia, non difficile, ma esposta e un poco friabile. Si
tratta di 4-5 metri da fare con passo sicuro, per poi risalire a destra tra
balze erbose e roccette oltre il pinnacolo. Da qui, sempre per cresta
rocciosa, ora più agevole, possiamo scendere alla sella erbosa che ci
separa dalla Corna Orientale di Vai Piane. Per chi non se la sentiesse
di affrontare questo passaggio molto esposto, suggerisco di scendere
nell'evidente canale erboso alla base del torrioncino, sulla sinistra.
Perdiamo una cinquantina di metri di dislivello, facendo comunque
attenzione viste le pendenze molto elevate. Aggiriamo un costone
roccioso e riprendiamo a salire in un valloncello che ci porta
direttamente alla sella erbosa. Dalla sella restiamo fedeli alla salita
in facile cresta che alterna tratti erbosi ad altri con rocce
affioranti. Dopo un iniziale tratto ripido, seguono alcuni divertenti
saliscendi privi di reali difficoltà, tra roccia e balze erbose.
Volendo possiamo andare a cercarci qualche passo più impegnativo,
giocando sui gradoni rocciosi e placchette che ci si presentano
davanti, specialmente nell'ultima parte della salita, fino all'ometto
di vetta. La parte impegnativa della traversata termina qui; ora non ci
resta che camminare lungo la dorsale che ci condurrà prima alla Corna
Centrale di Vai Piane , poi al Monte di Vai Piane (o Cima Occidentale
di Vai Piane) e successivamente alla Corna Marcia e in fine all'erboso
dosso Bi. Scendiamo dunque dalla Corna Orientale lungo una facile costa
erbosa. Alla selletta tra le due corne, riprendiamo a salire
faticosamente, ma senza problemi fino alla cima della Corna Occidentale
con ometto. Ora, proseguendo lungo il crinale, perdiamo altra quota in
maniera più decisa e su terreno a tratti ripido, sempre comunque
erboso, facendo attenzione ad alcuni insidiosi buchi celati dall'arba.
Alla nostra destra possiamo vedere il dirupato versante che guarda
verso la Val di Scalve, in netto contrasto con quello bresciano alla
nostra destra, erboso e quasi bucolico. Dinanzi a noi possiamo vedere
le belle moli del Monte Sossino e del Pizzo Camino, preceduti dalla più
bonaria Cima di Ezendola, con la sua grande croce. Senza quasi accorgercene
transitiamo dal Monte Vai Piane e proseguendo la discesa sul crinale,
dalla ancor meno significativa Corna Marcia. Giunti poi al Passo di
Lifretto, possiamo salire il vicino e cespuglioso Dosso Bi, giusto per
poter dire di esserci stati, con vetta tondeggiante ed erbosa. Per i
più curiosi poi (come il sottoscritto...), conviene scendere nuovamente al
Lifretto e seguire il sentiero n° 6 verso una vicina malga ben visibile
sia dal Monte di Vai Piane che dalla Corna Marcia; sulla destra di tale
malga si innalza un piccolo dosso sormontato da una bella croce in
ferro battuto posta dagli alpini di Lozio. Tornati al Passo di Lifretto
(1996 metri di quota), siamo pronti ad iniziare la nostra avventurosa
discesa.
Discesa Avendo
alla nostra sinistra il Dosso Bi e a destra la lunga cresta appena
percorsa, scendiamo dal Passo di Lifretto lungo il versante bergamasco.
Stiamo ben attenti a scendere tendendo verso destra lungo quello che
pare essere un sentierino segnato, ma molto, molto poco evidente: la
vegetazione rigogliosa ha completamente ricoperto la traccia, tanto da
non lasciarci vedere dove poggiamo i piedi. Essendo la zona piuttosto
ripida e il fondo del sentiero sconnesso, risulta facile mettere il
piede in fallo, sopra una radice scivolosa o in qualche buca celata.
Massima attenzione e calma, quindi. La vegetazione in alcuni punti
arriva all'altezza del nostro petto. La traccia si muove
prevalentemente in mezzacosta. Superata una fascia di ontani, vediamo
una macchia di larici che dobbiamo raggiungere presso un gradino lungo
un costone che scende da destra. Qui il sentiero è più evidente.
Proseguiamo la discesa fino ad un canale pietroso che dobbiamo
attraversare e poi discendere brevemente, per poi uscirne verso destra.
Facciamo attenzione qui, poichè il cavo d'acciaio che doveva rendere
sicuro il passo, è stato completamente divelto dagli ancoraggi e non
possiamo utilizzarlo. Non ci sono difficoltà, ma esiste il pericolo
caduta sassi e il fondo è piuttosto scivoloso. Usciti dal canale,
passiamo sotto una paretina rocicosa su comoda cengia, lasciando che il
canalino prosegua la sua ripida discesa verso il basso. Superiamo una
croce in ferro che segna la fine del tratto insidioso. Ora dobbiamo
solo scendere tra bosco e radure seguendo accuratamente i bolli bianchi
e rossi disegnati sui tronchi delle piante. Arriviamo ad un grande
larice diviso in due e poi ad una radura di pini mughi che traversiamo
sulla destra, facendo attenzione ad alcuni semi nascosti ometti di
sassi. Pochi metri dopo pieghiamo verso il basso all'interno di questo
valloncello puntando al bosco di larici più in basso sulla nostra
verticale. Appena entrati tra i larici troviamo alcuni bolli ed il n°
420 del sentiero da seguire. Passiamo ora un tratto pianeggiante tra i
larici. Poco dopo in basso vediamo una palina che andiamo a
raggiungere. Siamo in località Malga Lifretto Superiore, a 1570 metri
di altezza, all'incrocio con il sentiero 419. Seguiamo questo verso
destra con indicazioni per il rifugio Bagozza. Ora il percorso è ben
tenuto e comodo. Arrivati ad una palina tra gli abeti andiamo a destra,
come da segnali. Eccoci così al successivo incrocio al quale pieghiamo
verso sinistra. Troveremo altre paline che ci indicano il rifugio.
Senza possibilità di errore, dopo una breve ma erta salita nel bosco ed
una successiva breve discesa, eccoci al tornante che precede il ristoro
nei pressi del rifugio Bagozza, dove ritroviamo l'auto.
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