Interessantissimo itinerario escursionistico (quasi alpinistico)
che si snoda nel cuore meno battuto e conosciuto del massiccio
del Monte Baldo. Il Vajo Pradiso, solitario e selvaggio, risale
lo scosceso versante est del Monte Baldo, poco a sud della Cima Valdritta, sua massima elevazione. È un solco roccioso
percorso da pochissimi escursionisti, per lo più dai conoscitori
della zona, non difficile da percorrere, presenta dei passaggi
su placche di roccia valutabili sul II° grado, forse qualcosina
in più, ma molto brevi e con scarsa esposizione. Potrebbe
essere più problematico piuttosto il superamento dei tratti
ripidi con pietre, visto che molte di esse sono precarie e cadono
molto facilmente. Non ci sono bolli o segnali lungo il percorso,
solo dei rari ometti che vista la natura franosa del terreno hanno
vita sicuramente breve.
La salita è davvero di grande soddisfazione, e quando si
sbuca sulla mulattiera percorsa da numerosissimi escursionisti
ai piedi delle cime Fontanelle e Valdritta si ha la sensazione
di avere percorso un itinerario fuori dal mondo e soprattutto
fuori da ogni guida escursionistica, ed è davvero così.
Molto bella pure l’ultima parte, la salita alla cima Fontanelle
(detta anche Cima Prà della Baziva, non indicata su molte
mappe), che noi abbiamo raggiunto dopo avere salito un gendarme
roccioso posto sulla cresta, e che presenta alcuni tratti di notevole
esposizione su roccette facili e divertenti, in un ambiente circostante
dal sapore vagamente dolomitico.
Da provare.
Accesso automobilistico
Da Verona (o da Affi) percorrere l’Autostrada del Brennero
verso Nord, uscendo al casello di Ala-Avio, portarsi ad Avio,
e, passando sotto il bel castello, prendere la strada che si addentra
nella Valle dei Molini. Dopo un tratto rettilineo alcuni tornanti
fanno guadagnare quota, ad un bivio seguire a sinistra le indicazioni
per il Rif. Monte Baldo e per la Madonna della Neve, ad un bivio
successivo trascurare le indicazioni per il rif. Monte Baldo e
proseguire sulla destra, ad un certo punto, nei pressi di una
piccola seggiovia, si svolta a sinistra passandoci sotto, andando
a raggiungere la Strada Graziani, che attraversa in quota le pendici
orientali del monte Baldo. Si transita lungo la strada sui bei
pascoli andando verso Sud, in direzione del Rif. Novezzina. Ad
un certo punto sulla destra delle strada (quota 1550) è
presente uno slargo con delle frecce che indicano il sentiero
652 per il Rif. Telegrafo; l’attacco del vajo in realtà
è poco prima, dietro una curva verso sinistra tornando
lungo la strada verso Nord, a circa 150-200 metri di distanza:
in prossimità di uno slargo con possibilità di parcheggio
sulla destra, la strada supera con un piccolo ponticello il solco
del vajo, che a valle della strada precipita verticale; sotto
il ponte c’è un sottopassaggio per l’acqua,
sul lato a monte della strada una ringhiera, che occorre scavalcare,
ci sono tre sbarre di acciaio a cavallo del corso d’acqua,
qui si attacca la salita del vajo.
Descrizione del percorso
Una volta scavalcata la ringhiera e raggiunto il fondo del canale,
si inizia a seguirlo, inizialmente facile con piccoli gradoni
di roccia tra arbusti e mughi, poco dopo si incontra, in corrispondenza
di due pareti a destra e sinistra, un piccolo risalto a placca,
molto levigato, che occorre risalire (breve passo III°),
poi ancora si riprende a salire il canale. Noi abbiamo rinvenuto
il fondo del vajo pieno di neve, per cui è possibile che
quei 2 metri regalatici dalla neve ci abbiano facilitato. Altrimenti,
il salto di roccia è probabilmente evitabile salendo a
destra su pendio ripido con mughi, e poi traversare verso sinistra
ritornando sul fondo del canale poco più avanti.
Dopo la paretina si prosegue
ancora lungo il solco, ricolmo di pietre smosse, divertenti alcuni
passaggi di roccia posti in corrispondenza di alcune strettoie.
Ben presto ci si trova di fronte ad un muro alto almeno una decina
di metri, composto da placche di roccia, occorre salirlo (II°-III°)
tenendo la destra sfruttando dei piccoli gradini levigati, trascurando
la biforcazione dell’impluvio verso sinistra, proseguendo
ancora poi lungo il canale, qui un po’ meno marcato.
Si seguita ancora a salire
su terreno facile roccioso, qua e la occorre superare dei piccoli
e divertenti salti di roccia, che chiudono il fondo del vajo.
Intanto ci si sta approssimando sulla destra alla base di un isolato
gendarme roccioso, alto almeno una ventina di metri.
Si giunge ad un certo punto
ad una sorta di falsopiano, dove il canale si allarga un attimo,
proprio di fianco (trenta metri di distanza sulla destra) dalla
base del torrione di roccia isolato.
Qui il canale si sdoppia,
nel senso che poco dietro una dorsale ricoperta di mughi se ne
trova uno parallelo.
Noi abbiamo proseguito nel
solco principale, ovvero in quello nel quale stavamo già
procedendo, ancora in salita.
Giunti ad un certo punto il
canale diviene meno percorribile, perché ricolmo di ogni
sorta di sassi mobili e pietre, che vista la pendenza cadono spesso
e volentieri.
Visto che il canale diveniva
qui quasi impercorribile, pericoloso e soprattutto invisibile
(in pratica il vajo si era ridotto a un piccolo impluvio insignificante)
abbiamo traversato nei mughi fitti verso destra sperando così
di ritrovare il vajo corretto (in realtà avremmo dovuto
andare a sinistra, n.d.r.). Pochi metri dopo ci è apparso
il vajo che a quel punto credevamo essere quello giusto, parallelo
sulla destra a quello che stavamo percorrendo precedentemente.
Trovato un punto in cui si poteva facilmente discendere nel canale,
ci siamo entrati e abbiamo preso a risalirlo. Presto siamo sbucati
ad una stretta selletta posta sulla cresta del Monte Baldo, purtroppo
il lago sottostante non era visibile a causa della nebbia, ma
si intuiva chiaramente che giù dal versante opposto la
montagna precipitava. Ricordo proprio sulla sella un bel masso
che sembrava fatto apposta per sedersi sopra.
Comunque era chiaro che eravamo
sbucati in un punto morto, il vajo che avremmo dovuto seguire
era sicuramente un altro, e doveva condurre alla mulattiera che
passa sotto le cime del Monte Baldo.
Dalla selletta siamo discesi
per un po’ di metri per dove eravamo saliti, poi abbiamo
traversato (faccia a valle) verso destra passando sotto la parete
rocciosa che scendeva dalla cresta, sperando di ritrovare il canale
da seguire. Dopo un po’ di traversata su pendio ripido cosparso
di mughi abbiamo visto il canale. Siamo discesi fino a raggiungerlo
e lo abbiamo risalito. Qui il vajo era meno interessante che nella
parte bassa, meno ripido, meno continue le parti di roccia, sassi
mobili, comunque percorribile. Il canale si esaurisce in vista
della mulattiera che passa sopra, che ben presto si raggiunge.
Nel punto in cui siamo sbucati
sulla mulattiera ci si trova davanti un torrione di roccia, posto
proprio sulla cresta del Baldo.
Non avendo niente di meglio
da fare abbiamo cominciato ad arrampicarci sul torrione, sperando
di avere una buona vista delle cime che ci stavano attorno, così
da capire quale fosse quella che ci interessava: la Cima Prà
della Basiva. Abbaiamo risalito dapprima un facile diedrino (III°),
poi doppiato lo spigolo abbiamo seguito in salita un canale roccioso
fino alla sommità del torrione, da dove ci è apparsa
sulla desta (Nord) la vetta con croce della Cima Vadritta, “tetto”
del Monte Baldo con i suoi 2218 Mt., e a sinistra (verso Sud) la forma
invitante della Cima Prà della Basiva, con la sua singolare
conformazione “stratificata” a placche di roccia sovrapposte,
che precipitano verticali verso Ovest sulla sottostante ed ampia
conca glaciale.
Dalla cima del torrione siamo
scesi a Sud ad una selletta (Bocchetta dell’Acqua, 2140 Mt.)
dove passa la mulattiera, da li siamo risaliti lungo una traccia
ad un soprastante risalto erboso con cartello, e poi abbiamo iniziato
a percorrere la panoramicissima cresta, che porta dapprima ad
un salto verticale ben appigliato, molto esposto sulla destra,
e con dei mughi sulla sinistra, superatolo si presenta un muretto
alto una decina di metri, quasi verticale, che si supera direttamente
sullo spigolo (II°) oppure con meno difficoltà sulla sinistra,
ritornando poi sul filo di cresta. In pochi passi si è
in vetta, dove si trova un ometto.
La vetta, molto solitaria
e snobbata dagli escursionisti, permette col bel tempo di godere
di quasi tutto lo specchio del Lago di Garda, e tutte le Alpi
e Prealpi per centinaia di chilometri.
Una volta riposati e rifocillati
siamo discesi alla mulattiera sottostante la vetta calando verso
Sud per facile pendio a zolle e roccette, poi, già che
eravamo li in zona, abbiamo deciso di salire anche sulla Cima
Valdritta, forse per non essere da meno di tutti quegli escursionisti
crucchi che ci salivano sopra.
Sfoggiando la nostra eccellente
prestanza fisica in poche falcate eravamo sulla (bella) vetta,
e sulle cimette successive, in realtà più alte di
qualche metro.
Discesi poi di nuovo alla
mulattiera la abbiamo seguita verso Sud fino al bivio con i sentiero
66 che cala giù a sinistra verso il versante Est del Baldo,
il sentiero scende comodo a tornanti tra i mughi, poi, passando
nel fondo della Val Campione, si innesta nel 652 che sale al Telegrafo.
Occorre discendere per il 652 fino a dove esso si diparte dalla
strada asfaltata. Seguendo a sinistra la strada per non più
di 200 metri si ritorna alla piazzola dove si era parcheggiato.
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