Monte Cimo/Sass de Mesdì - Via Arrivederci Jerzy

 
Zona montuosa Prealpi Trentine - Valle dell'Adige Località di partenza Brentino (VR)
Quota partenza 130 Mt. circa Quota di arrivo 585 Mt. circa (termine via)
Dislivello totale +310 Mt. circa per l'attacco
+145 Mt. la via (175 lo sviluppo)
Sentieri utilizzati Non numerati
Ore di salita 45' per l'attacco
7 h. la via
Ore di discesa 5' fino al primo ancoraggio per le doppie
15' per le doppie
30' il sentiero fino al parcheggio
Esposizione Est Giudizio sull'arrampicata Molto bella
Data di uscita 15/10/2017 (agg. rel. 3/6/18) Difficoltà VII, A2 con la chiodatura presente
(oppure VI, A2 usando cliff e friend)
Sass Balòss presenti
Luca.
Amici presenti
Enrico.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Giornata serena e calda. I sentieri che si percorrono durante l'avvicinamento sono in ottimo stato e ben segnalati, sono presenti due tratti con corda fissa. La roccia in via è ottima.

Eventuali pericoli

Soliti da arrampicata in ambiente. Dal momento in cui si attacca il tetto è da escludere un rientro in corda doppia.

Presenza di acqua
Davanti all'ingresso del cimitero è presente una fontana.
Punti di appoggio
Nessuno.
Materiale necessario oltre al tradizionale

Le prime lunghezze presentano fix molto distanziati che obbligato ad un buon 6b. Per abbassare il grado sono necessari alcuni friend (da 0.3 a 1 Camalot) e viene comodo anche un cliff. Portare 20/25 coppie per la lunghezza del tetto. Per ogni componente della cordata prevedere 2 staffe e fifi. Il martello con il perforatore manuale potrebbe servire per rimpiazzare un eventuale golfaro mancante sotto al tetto.

Caratteristiche dell'arrampicata

Descrizione generale
Storico itinerario aperto, per buona parte in solitaria, da Sergio Coltri. Terminato con la collaborazione di Carlo Laiti il 28 ottobre 1989.
Punta al superamento del grande tetto che caratterizza il settore. Per alcuni è tra i più grossi delle alpi: circa 25 metri di soffitto quasi orizzontale. Per raggiungerlo si percorrono tre lunghezze su placche molto lavorate, di ottima roccia a gocce tipica di questa zona, dove, la chiodatura molto distanziata, impone ai ripetitori una buona dose di self-control. La progressione in questa zona è mista libera/artificiale (salvo saper fare il 7b) e, con la chiodatura presente, il VII grado è obbligato. Eventualmente, con qualche passo precario su friend e cliff, si può scendere ad un VI obbligato. Il tetto lo si supera completamente in arrampicata artificiale ma, data la sua lunghezza e la distanza tra le protezioni (in 2 o 3 punti veramente lontane), è richiesta un'ottima padronanza della tecnica su staffe altrimenti, come cita R. Iacopelli nella sua guida, "il superamento di questo spettacolare tetto può trasformarsi in un'immonda espiazione..." .
Nelle "note" a fine relazione si può leggere il racconto di Sergio Coltri che narra della nascita di questa via.
Attacco, descrizione della via
Dal parcheggio poco distante dal cimitero di Brentino andare in direzione dei vigneti, attraversarli fino a incontrare il sentiero segnato con bolli che sale ripido nel bosco. Dopo circa 20' superare una placca appoggiata con corda fissa e poi un muretto verticale anch’esso attrezzato con due corde fisse. Poco dopo questo muretto attenzione ad un bivio poco marcato. Non seguire l'evidente traccia che sale a sinistra ma quella di destra che nei primi metri è meno visibile. Arrivati al masso con la scritta "raccordo" proseguire verso sinistra (alcuni saliscendi). Il sentiero costeggia la parete fino ad arrivare all’evidente diedro sovrastato da enormi tetti. A destra attaccano le vie
Istantes, Desiderio sofferto, Otto bastano e Il ladro di Baghdad; a sinistra Arrivederci Jerzy, Scarpette volanti e Il canto del cigno.
L'attacco è esattamente nel centro del diedro.


1° tiro:
seguire pochi metri il diedro e poi la breve fessura aggettante. Al suo termine i fix della linea originale salgono dritti su placca liscia con difficoltà elevata (VII). Restare invece leggermente più a sinistra su placca lavorata a gocce e fessurine transitando accanto alla S1 de Il canto del cigno. Qui obliquare a destra, prendendo un diedrino inclinato, e sostare poco dopo (2 fix+cordone).
40 Mt., VII- oppure VI e A0, V+ (VII seguendo i fix originali), VI+ oppure VI e A0, 5 fix, 1 clessidra con cordone.

2° tiro:
dritti sul muretto soprastente, poi si obliqua un po' a destra e di nuovo dritti fino una grande placca a buchi. Attenzione a non salire verso destra (sembra più facile e in alto si vede un chiodo) ma traversare decisamente a sinistra 3-4 metri e poi salire fino alla sosta (2 fix+cordone). 35 Mt., VII oppure VI e A0/A1 (passi su friend e/o cliff), VI, V+, 4 fix, 1 chiodo.

3° tiro:
raggiungere il muretto strapiombante e, dopo averlo superato, salire obliquando leggermente a destra per bellissima placca a gocce. Attenzione che la placca è sprotetta e non è proteggibile! Si giunge alla base di un diedro che si segue fino al suo termine. Per una breve placca a gocce si sale sulla destra raggiungendo la sosta (2 fix+cordone).
40 Mt., IX- oppure A1, V+, VII oppure A0 (con passo alla base del diedro su friend), 4 fix, 3 clessidre con cordino, 3 chiodi.

4° tiro:
anche se qualcuno fino a qui fosse riuscito a non utilizzare le staffe, ora non potrà farne a meno.
Pochi metri ancora in verticale e poi inizia il lungo tetto di circa 25 metri. E' ben visibile il cordone che penzola dal bordo del tetto (quello usato come punto di riferimento da Coltri durante l'apertura). Su questo cordone potrebbe essere necessario fare un nodo Machard per riuscire a salire fino al fix. La sosta (3 fix arrugginiti e non molto rassicuranti) si trova appena sopra.
In data 03 giugno 2018 Sergio Coltri ha sostituito i vecchi fix della sosta.
30 Mt., A1, A2, VI oppure A0 (su friend in uscita dal tetto), circa 25 tra fix e golfari.

5° tiro:
spostarsi un poco a sinistra e poi salire per fessurine e placchette fino alla sommità della parete dove si attrezza una sosta (pianta).
30 Mt., V+, V, 2 fix, 2 clessidre con cordino.
Discesa
Il modo più comodo è scendere in doppia sfruttando le soste attrezzate a destra dei tetti.
Dal termine della via traversare verso destra mediante una vaga traccia sino a dove (pacchetta metallica su pianta con incisa "S5 cd
?") c'è la possibilità di scendere fino al primo ancoraggio per le doppie. Gli ultimi metri sono molto esposti (possibile assicurarsi con un fix, oppure sfruttare una sosta più alta: in questo caso prima calata di quasi 60 Mt.).
Lungo la placconata sono presenti diversi ancoraggi di calata. Indicativamente effettuare 3 calate rispettivamente da 50 Mt., 30 Mt. e 50 Mt. fino alla base della parete, a pochi metri dall'attacco della via. Rientrare al parcheggio percorrendo a ritroso il sentiero d'avvicinamento.

Note
Dal libro "Arrampicare in Valdadige. Monte Cimo" AA.VV., il racconto di Sergio Coltri "Oltre il verticale. Diario di una prima salita."
"Fu durante la prima salita di "Desiderio Sofferto" al Sass de Mesdì che la mia attenzione venne attirata dell'enorme tetto triangolare che sovrasta la placconata.
I miei pensieri cominciarono a fantasticare lungo quela scala rovescia, sognando di attraversarla in tutta la sua lunghezza.
Un pensiero folle!
Già mi sudavano le mani e mi sentivo terrorizzato alla realistica idea di trovarmici appeso per ore.
Inoltre, chissà quanto tempo e fatica avrei impiegato per spittare a mano i 25 metri orizzontali del tetto, senza contare le incognite della parte inferiore della parete.
Ma col passare del tempo l'esperienza cresce, cambia il modo di pensare e di arrampicare, arrivano nuovi materiali e con essi il fatidico trapano a batteria.
Finalmente si chiude l'era delle mani distrutte dalle martellate; nascono così itinerari a prova di bomba su lavagne verdoniane e ripeterli diventa un vero divertimento.
Sempre alla ricerca di nuovi settori, ne trovo uno adatto a soddisfare la mia voglia dell'oltre verticale.
Sarà "Viaggio nel passato", una via prevalentemente in artificiale lungo una zona strapiombante sbarrata da un soffitto di 12 m., che superato con paure e sfinimento fisico, mi darà la carica per affrontare un'altra dura battaglia: il grande tetto triangolare, sogno e incubo di questi anni.
Ora non ho più nessuna scusa per tirarmi indietro e sò già che devo affrontare l'avventura senza compromessi.
Le motivazioni sono forti e per rendere la salita ancora più intensa, scelgo la solitaria. Per prima cosa mi calo dall'alto fino al bordo del tetto, lasciando un cordino come punto di riferimento per quando arriverò alla base del tetto. E' pazzesco!!! Dal bordo non riesco a distinguere l'attacco della parete, tutto è deformato da questo vuoto assurdo, creando una sensazione sgradevole di disorientamento e paura.
Affronterò poi la salita dal basso cercando una linea che mi dia soddisfazione. Autoassicurandomi e lasciando il trapano appeso con il fiffi all'ultimo spit, cercherò di salire il più possibile in libera.
Tutto funziona abbastanza bene fino al punto che poi diventerà la seconda sosta. Dopo aver messo un insicuro chiodo normale, mi alzo in libera 3 metri su delle gocce per ritrovarmi in posizione alquanto precaria con le mani su delle piccole reglette. Dovrei attraversare a destra salendo su un gradino ingombro di sassi, ma dopo alcuni tentativi decido di cercare una posizione sicura, che mi permetta di tenermi con una mano e recuperare con l'altra il trapano lasciato 8-10 metri sotto. Seppure in posizione precaria, provo a recuperarlo ma niente da fare! Il fiffi si è incastrato! Provo e riprovo senza esito. Che fare?
Devo ridiscendere allo spit anche se sono molto stanco. Quando l'ho quasi raggiunto, la corda in esubero si impiglia ad un blocco più in alto trascinandolo verso di me. Istintivamente mi ritraggo schivandolo per pochi centimetri evitando così la tragedia.
Successivamente, in più tentativi e senza particolari problemi raggiungo la base del tetto dove comincio ad avere dei seri dubbi sul proseguo della via. Il cordino di riferimento sul bordo del tetto sembra lontanissimo, e l'enorme tetto che mi attende sembra voler vanificare tutti gli sforzi fatti fin qui. Mi concentro e lentamente inizio questo tratto, che dopo varie riprese, tensioni e sofferenze, terminerò con Carlo uscendo finalmente da quei 25 m. mozzafiato.
Il tiro finale poi è pura routine. Il sogno si è avverato, l'incubo svanito e la soddisfazione enorme. In quei giorni moriva in Himalaya un grande alpinista, Jerzy Kukuzca, e dedicare a lui questa "Arrivederci Jerzy" mi sembrava la cosa più bella."
Commenti vari
La via va in ombra già dalla tarda mattinata, ma in piena estate potrebbe fare comunque eccessivamente caldo.
Altre ripetizioni
Luca e Matteo il 20 marzo 2010 avevano già tentato questa salita giungendo fino alla S3. Poi, la mancanza di esperienza sulle staffe, e la vista da vicino dell'impressionante soffitto che si parava di fronte, fecero nascere nei due Sassi troppi dubbi sulle loro capacità di affrontare o meno il tetto... e non ci fu molto spazio sulla decisione da prendere.
   

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Sui primi metri della via con i tetti che incombono sulla parete
(tentativo del 2010)

Bertoldo sul secondo tiro (tentativo del 2010)

   

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Enrico sulla seconda lunghezza che impone dei passaggi in libera obbligati e a volte decisamente lontani dalle protezioni

   
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Luca e Matteo sui primi metri di L3.
Fotografia scattata dalla via Il ladro di Baghdad (2010)
Enrico sul difficile muro all'inizio del terzo tiro
   
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Placca a gocce di L3. Il diedro resta nascosto Luca a metà del tetto...
   
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... e a pochi metri dalla sua fine Guardando verso la terza sosta
   
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Enrico esce contento dal suo primo tetto in artificiale Ultima facile lunghezza
   

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Il Sass de Mesdì con i tracciati delle vie:
Il Canto del Cigno, Arrivederci Jerzy, Istantes, Desiderio sofferto, Otto bastano e Il ladro di Baghdad