Cima Immink - Spigolo Solleder

 
Zona montuosa Dolomiti Occidentali
Gruppo Pale di S. Martino
Località di partenza Ristorante Cant Del Gal
Fiera Di Primiero (TN)
Quota partenza 1160 Mt. Quota di arrivo 2855 Mt.
Dislivello totale +1118 Mt. per il rifugio Pradidali
+185 -110 Mt. dal rifugio all'attacco
+460 Mt. la via (545 lo sviluppo)
+40 Mt. circa facili per la vetta
Sentieri utilizzati n. 709, 715
Ore di salita 2 h. da Cant Del Gal al rifugio Pradidali
1 h. dal rifugio all'attacco
5 h. 30' la via +10' per la vetta
Ore di discesa 1 h. 30' fino al rif. Pradidali
1 h. 40' dal rifugio al parcheggio
Esposizione Sud-ovest Giudizio sull'ascensione Bella
Data di uscita 23/08/2016 Difficoltà V, V+
Sass Balòss presenti
Luca.
Amici presenti
Andrea, Daniele, Danilo, Massimo e Umberto.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Giornata stupenda con temperature gradevoli. Abbiamo sofferto un po' di freddo solo sulle prime lunghezze. Il sentiero che sale al rifugio Pradidali, al passo di Ball e poi all'attacco è ottimamente segnalato e presenta due tratti attrezzati. La discesa è abbastanza segnalata con ometti ma richiede molta attenzione per via di facili, ma esposti, passaggi d'arrampicata (possibili alcune brevi doppie).
La roccia in via è ottima.

Eventuali pericoli
Soliti da arrampicata in ambiente.
Presenza di acqua
Al parcheggio, in corrispondenza del bar "La Ritonda" c'è una fontana.
Punti di appoggio
Rifugio Pradidali 2278 Mt.
Materiale necessario oltre al tradizionale
Solito da arrampicata in ambiente. Fondamentali cordini per le clessidre e una serie di friends (da 0.3 a 3 Camalot) per integrare.
Descrizione dell'arrampicata

Descrizione generale
La Cima Immink si eleva massiccia a sud della Pala di San Martino. La conquista della vetta avvenne il 18 agosto del 1877 ad opera di Cesare Tomè con Santo Siorpaes e Tomaso Dal Col i quali, però, attaccarono la parete con l’intento di conquistare la Pala di San Martino. Impossibilitati a proseguire per la vetta per via della Forcella Dimai battezzarono la vetta conquistata come “Anticima della Pala” e non attribuirono importanza alla conquista fatta. Fu così che quando Jeanne Immink ed Eugen Zander con Antonio Dimai e Giuseppe Zecchini, il 21 agosto 1891 ripeterono l’ascensione, probabilmente seguendo il medesimo itinerario, non trovando segni dei precedenti salitori, credettero di essere i primi, e battezzarono la cima col nome della signorina Immink.
L’itinerario che segue fu salito da Emil Solleder e J. F. Fontain il 6 luglio del 1930 e dovettero passare degli anni prima che divenisse una classica del gruppo. Oggi sono numerose le cordate che ripetono questo itinerario bello ed elegante anche se un po' discontinuo. Nonostante abbia il toponimo di "spigolo" in realtà segue per ben poco la sua linea. Dal quinto tiro in poi infatti si sta sempre alla sua destra e, onestamente, nemmeno troppo vicini.
Attacco, descrizione della via
Da Fiera Di Primiero seguire le indicazioni per la Val Canali fino a giungere al ristorante Cant del Gal. Parcheggiare poco oltre negli ampi posteggi circostanti (a pagamento) ed imboccare il sentiero n. 709 che conduce, senza possibilità di errore, al rifugio Pradidali (presente un breve tratto attrezzato). Poco prima di giungere al rifugio si resterà colpiti da tre vette: sulla destra l'imponente Cima Canali, sulla sinistra il Campanile Pradidali e, alle spalle del rifugio, la Cima Pradidali.
Superare il rifugio e raggiungere il Passo di Ball (2443 Mt.) situato appena a destra del Campanile Pradidali. Si segue il sentiero principale (n.715), ora in discesa, verso il rifugio Rosetta fino a superare un lungo tratto attrezzato che termina in vista dell'imponente Gran Pilastro della Pala di San Martino. Da questo punto è ben visibile il soprastante spigolo della Cima Immink dove passano le prime lunghezze della via Solleder/Fontain. Salire per detriti e poi facili roccette fino alla base del canale (masso incastrato con cordone). Eventualmente è possibile salire ancora una ventina di metri aggirando sulla destra l'inizio del canale e riavvicinandosi allo stesso fermandosi su una cengetta con buone clessidre per attrezzare una sosta.

1° tiro:
salire nel camino fino a spostarsi sulla costola a sinistra che fa da divisorio con un altro camino. Si sale per pochi metri lo spigolo di questa costola che guida all'interno del secondo camino. Lo si sale fino uno slargo con grossi massi dove si sosta (1 chiodo). 25 Mt., IV, IV+.

2° tiro:
oliquare a sinistra aggirando uno spigoletto e poi continuare in leggero obliquo a sinistra, su rocce via via più semplici, fin sotto una nicchia gialla dove si attrezza una sosta (spuntoni). 50 Mt., IV-, III+.

3° tiro:
salire verso destra per prendere la rampetta che sale appena a destra dello spigolo. Si continua per rocce molto appigliate fin alla base di una netta fessura/camino dove si attrezza una sosta (clessidre) appena sulla sinistra di una nicchia gialla. 40 Mt., II, III.

4° tiro:
seguire la fessura/camino fino a quando si apre a canale. Si continua fino ad una forcella dove si attrezza la sosta (spuntone). 50 Mt., III.

5° tiro:
attraversare la forcella e rimontare le facili rocce per circa 6 metri. Quindi attraversare verso destra il leggera ascesa fino a prendere la spaccatura che si segue fino al comodo terrazzino di sosta (2 chiodi). 65 Mt., III, IV.

6° tiro:
salire la fessura, con passo iniziale impegnativo, fino al suo termine. Si sosta (1 clessidra con fettuccia oppure 1 clessidra più comoda sulla sinistra) alla base della lunga fessura successiva. 20 Mt., V-, IV.

7° tiro:
si scala la bella fessura/diedro fino un piccolo strapiombo. Lo si supera direttamente spostandosi sulla gialla parete destra, molto verticale ma con ottime e solide prese, per poi seguire delle fessurine che riportano a sinistra in un canale (attenzione a una grossa scaglia in bilico). Si segue il canale fino a dove si apre a terrazza e si attrezza una sosta (clessidre o spuntone). 55 Mt., V, IV+, III, 3 chiodi.

8° tiro:
da qui il percorso non è più obbligato. In generale bisogna tendere a destra per evitare di uscire sulla frastagliata cresta troppo a sinistra rispetto alla vetta. Salire in obliquo verso destra e poi superare un muretto raggiungendo una terrazza detritica dove si attrezza la sosta (clessidra). 50 Mt., II, III.

9° tiro:
per rocce articolate sulla verticale della sosta fino una grossa terrazza detritica sotto una fascia di strapiombi gialli. 45 Mt., III, II.

10° tiro:
attraversare verso destra la terrazza e continuare in traverso, ora in leggera ascesa, fino un esposto pulpito dove si riesce ad attrezzare facilmente una sosta (clessidra). 45 Mt., II, III, IV.

11° tiro:
in obliquo verso destra fino a raggiungere un canale. Sosta da attrezzare (clessidra). 45 Mt., III.

12° tiro:
seguire il canale fin dove si allarga e poi spostarsi a destra cercando di individuarne un altro più breve sulla sinistra di un torrione. Si esce così su una vaga cengia dove si attrezza la sosta (clessidra o spuntone). 55 Mt., III, II.

Seguire la vaga cengia verso destra (viso a monte, ometti) che, con dei piccoli sali-scendi, porta al largo pendio ghiaioso sotto la vetta. Con una breve deviazione si raggiunge la cima sulla sinistra.

Discesa
La discesa non è complicata ma abbastanza esposta con alcuni passaggi di II (presenti alcuni ometti e degli ancoraggi per brevi doppie).
Dalla cima ridiscendere la terrazza ghiaiosa fino a riprendere gli ometti. Si traversa ancora un po' sulla terrazza verso sinistra (viso a valle) fino un primo canale evidenziato da due ometti. Lo si scende circa 30 Mt. per poi spostarsi in un secondo canale più a sinistra
(viso a valle). Per questo si scende altri 80 Mt. circa uscendone a destra (viso a valle) quando possibile. Si continua decisamente verso destra in direzione di un evidente gendarme giallastro fino a raggiungere la sua base. Da qui scendono tre canali. Seguire quello più a sinistra e superare ancora un breve salto oltre il quale si passa sotto un grosso masso appoggiato alla parete. Qui termina la parte più difficile della discesa. Ora si seguono le tracce che conducono alla sottostante conca detritica che separa la Cima Immink dalla Cima Pradidali. Si scende fino un profondo canale e si passa sulle rocce alla sua sinistra (freccia rossa). Non traversare alti sotto la Cima Pradidali (ometti) ma scendere paralleli al profondo canale fino a quando la traccia piega a sinistra e si ricongiunge col sentiero principale (n. 715). Si sale brevemente al Passo di Ball e poi si scende fino al rifugio Pradidali. Rientrare al parcheggio percorrendo a ritroso il sentiero d'avvicinamento.

Note

In merito alla conquista della vetta è sorprendente il lavoro di ricerca e documentazione che venne fatto da Samuele Scalet, Giulio Faoro e Lionello Tirindelli e pubblicato nella loro “Guida delle Pale di S. Martino”, Edizioni del Leonardo, 1970.
[…] Che però Siorpaes, Da Col e Tomè abbiano raggiunto proprio la cima che successivamente verrà denominata Immink, non può affermarsi con assoluta certezza, e vi è posto per qualche ragionevole dubbio.
Infatti:
a) della relazione di C. Tomè, la comitiva avrebbe lasciato il Passo di Ball, designato come Passo di Ronz, alle 10.15 del 18 agosto 1877, e sarebbe pervenuta in Cima alle 11.24, cioè in poco più di un’ora e un quarto. Considerato che trattavasi di tre persone, e soprattutto di percorso esplorativo ed ignoto e quindi più suscettibile alla dispersione di tempo, l’orario sembra troppo breve. A raffronto, si osservi che lo stesso Tomè, ripetendo l’anno prima la parete N del Cimone, seguendo la via Withwell e pur disponendo della relazione scritta di questi, impiegò da Rolle ore 8.30, quando attualmente il medesimo percorso si può compiere in poco più di 5 ore.
b) la scalata alla vetta sarebbe avvenuta per il versante meridionale, ove si svolge ora la via comune. Il Tomè, nella sua relazione, la definisce “troppo facile”. Orbene, considerando che la via comune della Immink ha difficoltà di II, e che pure di II è la Withwell del Cimone, Tomè considera questa ultima “la più difficile montagna delle Dolomiti”, così come aveva definito nel 1875 “ ardua inerpicata” la via sull’Agner, egualmente di II. E’ quindi assai strano che su vie della medesima difficoltà Tomè possa aver dato giudizi tanto contrapposti e diversi. La comune della Immink, in altre parole, non avrebbe dovuto essere “troppo facile” per Tomé, e nel 1877 in nessun caso una via ora valutata di II sarebbe stata definita “troppo facile”.
c) neppure è credibile che, pervenuti in vetta, Tomè e compagni non abbiano attribuito importanza alla quota raggiunta, al punto di considerarla una qualsiasi anticima della Pala. A parte il fatto che la profonda divisione del precipizio della forcella Dimai (Tomè scrisse di non aver potuto nemmeno scorgerne il termine) non avrebbe consentito la qualifica di anticima, chiunque sia salito fino sotto la sommità della Immink si è reso conto che il luogo e la quota non possono e, a maggior ragione nel 1877 non potevano, essere considerati senza importanza, essendo evidenti per tutti la struttura assolutamente individuale di una cima autonoma e, si soggiunga, di una grossa cima.
d) scrive Tomè nella sua relazione che, arrivati alla vetta, si sarebbe parata di fronte una fessura larga 5 metri, che veniva ad impedire l’accesso alla Pala di S. Martino. Per sostenere che Tomè e compagni avevano raggiunto l’attuale Immink, si è voluto identificare tale “fessura” col grande spacco che sale dalla forcella Dimai, senza tener conto che l’apertura dalla vetta della Immink è di almeno dieci volte tanto. È improbabile per Tomè un simile, grossolano errore di misurazione.
e) non è vero che Tomè, nella sua relazione, citi di aver raggiunto la quota 2868, pari alla quota della Immink. Tomè non parla affatto di quote, né disponeva di strumento alcuno per misurare l’altezza.
f) raggiunta la cima, Tomè, Siorpaes e Da Col vi eressero un ometto. Gli ometti di Tomè erano noti per la loro altezza e per la loro composizione: sull’Agner ne collocò uno di due metri. E’ quindi improbabile che il 21 agosto 1891 quando salirono la signora Immink e compagni, non abbiano ravvisato l’ometto, o i resti suoi, e abbiano al contrario ritenuto di essere i primi salitori per mancanza di tracce altrui. La totale sparizione dell’ometto, si noti: in punta e non in costa, fra il 1877 e il 1891 dovrebbe andar esclusa. Si ritrovano ancora oggi ometti di trenta, quarant’anni orsono e lo stesso Tomè nel 1876 sulla vetta del Cimone, vi trovò infatti i due ometti “come li lasciò Withwell”, sei anni prima.
g) la signora Immink salì la Cima il 21 agosto del 1891, oltreché con Dimai e Zender, anche con Giuseppe Zecchini. Questi era amico di lunga data di Tomè, e con lui ebbe nel 1891 o nel 1892 a scalare il Cimone. È improbabile che Zecchini, prima o dopo la salita con la signora Immink sulla attuale omonima cima, non abbia parlato con Tomè, al punto di ritenersi primo salitore pur sapendo o avendo dovuto probabilmente sapere che Tomè lo aveva preceduto.
h) Tomè conosceva la signora Immink, al punto che con la stessa e con lo stesso E. Zander e gli stessi Giuseppe Zecchini e Tomaso Da Col ebbe a compiere una ascensione al Tamer. Non è credibile che, essendosi trovati quattro fra i protagonisti delle salite alla Cima Immink, non si sia parlato della cosa, dissipando così l’equivoco.
Queste considerazioni non negano, ma solo lasciano perplessi sulla priorità della spedizione Tomè rispetto alla spedizione Zecchini-Immink, e non è escluso che Cesare Tomè, Siorpaes e Da Col abbiano raggiunto una qualunque sommità, benché sia difficile ora ipotizzare quale, diversa dalla attuale Cima Immink. E si noti che Tomè nella prima relazione neppur parla di cima e sommità raggiunta. Interpellati al proposito i più diretti eredi di Cesare Tomè (le nipoti Anita e Ines Tomè e Sofia Tomè Bertolotti di Cremona, figlie del dott. Emilio Tomè, fratello di Cesare, e legate da uno degli Autori di questa “Guida” da rapporti di lontana parentela), questi hanno dichiarato di nulla poter dire al proposito.

   

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Massimo sulla prima lunghezza

Umberto entra nel camino del primo tiro

   

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Quinta lunghezza

L'elegante ed esposto settimo tiro

   

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Umberto alla fine del traverso che porta alla decima sosta Gruppetto di Eritrichium nanum nei pressi della cima
   
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Massimo, Danilo e Umberto in vetta alla Cima Immink.
Sullo sfondo il bivacco della Pala di San Martino
La Cima Immink vista dal sentiero con il tracciato della prima parte dello Spigolo Solleder
 

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