Catinaccio - Diretta Steger

 
Zona montuosa Dolomiti - Gruppo del Catinaccio Località di partenza Rifugio Gardeccia - Pozza di Fassa (TN)
Quota partenza 1949 Mt. Quota di arrivo 2981 Mt.
Dislivello totale +477 Mt. per l'attacco
+555 Mt. circa la via
(610 lo sviluppo +150 Mt. roccette)
Sentieri utilizzati n. 546, 541, 542
Ore di salita 40' per l'attacco
7 h. 15' la via
Ore di discesa 1 h. fino al rif. Re Alberto
1 h. dal rif. Re Alberto al rif. Gardeccia
Esposizione Est Giudizio sull'ascensione Ottima
Data di uscita 10/07/2010 (agg. rel. 31/08/2023) Difficoltà

V, V+

Sass Balòss presenti
Luca, Bertoldo.
Amici presenti
Claudia.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Giornata inizialmente stupenda ma con l'arrivo del pomeriggio il meteo è precipitato notevolmente tant'è che a qualche lunghezza dalla fine è sopraggiunto un temporale. I sentieri che si percorrono sono in ottimo stato e ben segnalati. La roccia in via è generalmente ottima. Le numerose ripetizioni hanno levigato qualche appiglio (specie sulle prime difficili lunghezze).

Eventuali pericoli
Soliti da arrampicata in ambiente.
Presenza di acqua
Al rifugio Gardeccia c'è una fontana e nei pressi del rifugio Re Alberto una sorgente.
Punti di appoggio
Rifugio Gardeccia (1949 Mt.), rifugi Vajolet e Preuss (2243 Mt.), rifugio Santner (2741 Mt.), rifugio Re Alberto (2621 Mt.).
Materiale necessario oltre al tradizionale
Normale materiale per arrampicata su roccia, molto utili friends e cordini per integrare le protezioni.
Caratteristiche dell'arrampicata

Descrizione generale
Incredibile via aperta da Hans Steger con Paula Wiesinger, F. Masè Dari e Sigmund Lechner il 26 e 27 agosto del 1929 che sale la parete Est del Catinaccio snodandosi tra fessure e camini sino ad uscire sulla cresta che conduce in vetta (via Ampfer/Berger). La quasi perfetta verticalità della via ha fatto si che ben presto le venisse 'appiccicato' il nome di "Direttissima".
Attacco, descrizione della via
I sentieri per l'avvicinamento partono dalla piccola contrada Gardeccia situata sopra Pera di Fassa. Purtroppo non è possibile raggiungere la frazione mediante macchina in quanto vige un divieto di circolazione durante tutto l'anno. E' possibile servirsi del bus navetta (andata e ritorno 7 Euro) per evitare una lunga camminata su strada asfaltata.
La navetta parte a Pera di Fassa in corrispondenza di un parcheggio che si incontra sulla destra salendo verso Canazei. C'è una seggiovia e un grosso cartello "Bus per Gardeccia". Le corse sono abbastanza frequenti.
La navetta vi lascerà in corrispondenza del rifugio Gardeccia. Da qui camminare lungo la carrozzabile (sentiero n. 546) che sale ai rifugi Vajolet e Preuss passando a breve distanza dall'imponente parete est del Catinaccio. Poco prima di arrivare al rifugio Vajolet imboccare il sentiero verso sinistra (n. 541) che conduce al Passo delle Coronelle ed al rifugio Fronza. Abbandonare il sentiero e risalire delle balze erbose in prossimità della fessura camino che sale verticale in direzione della vetta. Salire le facili rocce (I e II) obliquando a destra sino alla sosta dalla quale ha inizio la via (2 spit + cordino rosso).

1° tiro:
alzarsi per 3-4 Mt. lungo un diedrino appena a destra della sosta. Obliquare poi a sinistra sino alla base dell'evidente diedro giallo. La sosta (2 chiodi+cordone) si trova su di un terrazzino sulla sinistra. 20 Mt., IV, 1 chiodo.

2° tiro:
risalire il diedro giallo sino a quando diventa una fessura strapiombante. Qui spostarsi a sinistra e sostare (2 chiodi).
40 Mt., IV+, V, 7/8 chiodi, 1 sosta intermedia.

3° tiro:
traversare per circa 4 Mt. a sinistra e salire sino ad una nicchia; uscirne a destra con un passo delicato e proseguire in obliquo sempre verso destra fino a riprendere la fessura si sosta (3 chiodi+cordone) sulla verticale della precedente.
20 Mt., IV, V, V+ oppure A0, 6 chiodi.

4° tiro:
obliquare a destra prendendo la fessura parallela a quella sopra la sosta. Quando questa si allarga a camino sostare sulla sinistra (2 chiodi+cordone). 15 Mt., IV, 1 chiodo.

5° tiro:
proseguire nel canale sin sotto ad uno strapiombo ed aggirarlo a sinistra. Seguire ora la fessura di sinistra e, al suo termine, sostare nel canale (2 chiodi). 45 Mt., IV+, 4 chiodi.

6° tiro:
proseguire nel canale sin sotto ad un diedro giallo (dove corre la variante "Vinatzer"). Qui obliquare a destra su rampa inclinata sino alla sosta (2 chiodi). 40 Mt., III, III+, IV, 1 clessidra, 1 sosta intermedia (chiodi+cordone).

7° tiro:
salire la fessura biancastra soprastante e, al suo termine, portarsi facilmente alla base del profondo camino dove si sosta (spuntone).
40 Mt., IV, passi di IV+, III, 2 chiodi.

8° tiro:
qui è possibile traversare a sinistra e, con 4/5 lunghezze di corda, raggiungere il catino di sinistra mediante il quale si può guadagnare più velocemente la vetta. La via invece prosegue nel camino e, dopo aver superato i primi massi incastrati, seguire la diramazione di destra sino al termine del camino dove si sosta (2 chiodi). 40 Mt., V-, IV+, 3 chiodi.

9° tiro:
obliquare a destra per circa 40 Mt. (senza percorso obbligato ma seguendo i tratti più logici) e poi salire per altri 15 Mt. circa sino ad individuare una grossa clessidra dove si sosta. 55 Mt., II, III.

10° tiro:
obliquare leggermente a destra e superare una paretina articolata arrivando ad una terrazza inclinata. Portarsi alla base della parete e individuare la sosta (1 clessidra). 45 Mt., II, III.

11° tiro:
traversare a sinistra lungo la terrazza; in corrispondenza di un diedrino salire obliquando a sinistra dopo i primi metri. Presenza di 2 soste (2 chiodi a sosta) a circa 1,5 metri di distanza l'una dall'altra. 40 Mt., I, IV+, IV.

12° tiro:
salire il vago diedrino soprastante che, dopo alcuni metri, tende a destra. Al suo termine rimontare la placca (passaggio delicato) e poi spostarsi a sinistra al pulpitino di sosta (2 chiodi). 50 Mt., IV+, 5/6 chiodi.

13° tiro:
salire obliquando a sinistra fino a superare la fascia strapiombante gialla. Continuare poi dritti sino alla sosta (2 chiodi).
35 Mt., V-, IV+, 3 chiodi.

14° tiro:
tendere a destra e salire una lama gialla. Al suo termine proseguire sulle rocce alla sua sinistra per poi ritornare a destra sino alla sosta (2 chiodi). 40 Mt., IV+, V, 3 chiodi.

15° tiro:
superare la parete sovrastante spostandosi inizialmente a destra per poi obliquare a sinistra sino alla sosta (2 chiodi) in corrispondenza di uno spuntone leggermente staccato dalla parete. 25 Mt. IV+, 3/4 chiodi.

16° tiro:
salire inizialmente a destra per poi tornare a sinistra alla base del profondo camino. Sosta all'interno del camino sulla parete destra (3 chiodi). 20 Mt., V+, V, 2 chiodi.

17° tiro:
salire il camino sino al suo termine dove si sosta (spuntone). 40 Mt., IV, V, 1 cuneo, 3/4 chiodi (due dei quali vicini).

Per rocce di I e II grado si raggiunge la vetta. 150 Mt. circa.
Discesa
La discesa avviene mediante la via Normale. Dalla vetta seguire la cresta in direzione nord-ovest (presenti diversi ometti - direzione rifugio/passo Santner) sino a raggiungere una paretina verticale (III, anello cementato per eventuale calata di 20 Mt.).
Continuare ancora lungo la cresta sino a giungere ad una forcella. Da qui (anello cementato) effettuare le seguenti doppie nel camino verso il rifugio/passo Santner (ovest):
1a. calata: 40 Mt. circa lungo il camino sino a quando questo diviene stretto (sosta scomoda). E' possibile dividere la calata;
2a. calata: 45 Mt. sino a raggiungere un piccolo terrazzino sulla destra (nicchia gialla). E' possibile dividere la calata;
3a. calata: 20 Mt. sino al ghiaione.
In breve si raggiungono il passo e rifugio Santner dai quali si continua, lungo un comodo sentiero, sino al sottostante rifugio Re Alberto (20' circa). Mediante il sentiero n. 542
(qualche breve tratto attrezzato) scendere sino al rifugio Vajolet e poi rientrare al rifugio Gardeccia seguendo la strada carrozzabile in parte percorsa durante l'avvicinamento.

Commenti vari

Affrontando la salita in giornate calde è consigliabile avere con se una buona scorta d'acqua perché la via è completamente esposta al sole.
Nel camino dell'ottava lunghezza abbiamo seguito il ramo di destra. Probabilmente la via corretta segue il ramo di sinistra. Quindi il 9, 10 e 11 tiro sono probabilmente una linea alternativa. Sicuramente dal 12 tiro abbiamo ripreso l'itinerario corretto.

Note

Riportiamo l'articolo di Vittorio Varale pubblicato su "La Stampa" nell'agosto del 1929 e che narra l'apertura della via:
Via Steger sulla Est del Catinaccio
"RiFUGIO VAJOLET - Questa è la breve ma veridica storia d'una notte passata sotto la parete orientale del Catinaccio, o Rosengarten come anche s'usa dire con parola tedesca, ch'è, quell'alta e gialla montagna che riempie l'orizzonte a sinistra di chi sale quassù al rifugio Vajolet provenendo dalla Val di Fassa, e si presenta con una parete tagliata a picco per un'altezza di 500 metri all'incirca.
E' una storia cominciata tre giorni fa, o per dir meglio tre notti fa, e conclusa stamattina; ma non è tanto la sua conclusione quella che importa anche se essa dà notizia che una 'nuova via', come dicono gli alpinisti cacciatori di prime ascensioni, è stata aperta in queste Dolomiti, quanto i fatti che ne sono stati materia, e cronaca sotto i miei occhi. Dico subito, che per me quella che conta è stata la notte di tre giorni fa, la notte che ho sentito le Dolomiti cantare.
E' un ricordo che non mi lascerà dietro per tutto il tempo che il mio destino vorrà ch'io viva. E' stata la notte che Steger, la Paula e lo studente mantovano Masé-Dari hanno trascorsa legati ai chiodi sulla parete per non precipitare. Era dal mattino che arrampicavano sulla via sconosciuta, poi venne la pioggia a fermarli, dapprima rada e presto più fitta, era ancora pomeriggio ma lassù già faceva buio per le nubi che s'erano ammucchiate, mentre la roccia diventava scivolosa come sapone. Bagnati, tremanti pel freddo, non gli rimase che fermarsi, legarsi ai chiodi piantati nella roccia, e aspettare l'alba, forse al chiarore del giorno avrebbero potuto uscire dalla trappola.
Li avevamo visti partire dal rifugio così di buon'ora che appena ci si vedeva, li abbiamo seguiti col sole prima che il tempo improvvisamente cambiasse e cominciasse a piovere, abbiamo trepidato per essi col passar delle ore. Fattosi buio allora siamo scesi dal rifugio verso la valle, abbiamo traversato a destra fra i mughi, siamo risaliti pel ghiaione, eccoci sotto la parete a tener compagnia ai tre amici che mi sono fatto nei pochi giorni che mi trovo quassù.
Da Steger, che per nome è Hans, viene da Monaco di Baviera ed ha vent'anni senza aver una professione definita all'infuori di quella che gli dovrebbe dar da vivere arrampicando sulle montagne, da Hans quando stamattina gli sono andato incontro al ritorno della scalata ho sentito dire una parola - che finora avevo soltanto letta sulla Guida del Berti che è il breviario, il baedeker indispensabile per chi viene da queste parti e vuol capirci qualcosa.
Questa parola è Sesto grado - è una parola strana, vero?; è curiosa, è nuova, forse è una di quelle parole magiche, una specie di Sesamo apriti, la chiave delle porte altrimenti destinate a rimaner sempre chiuse, le porte oltre le quali c'è un mondo sconosciuto, e abitanti insoliti, una di quelle parole destinate a sommuovere sentimenti finora mai espressi eppure latenti nell'animo degli uomini, la parola che aspetta soltanto l'occasione per liberarsi - e magari fare il giro del mondo.
Questa che sto scrivendo sul tavolo piuttosto rozzo del rifugio a 2255 metri d'altitudine nel cuore del Catinaccio, è null'altro che la cronaca, dimessa se pur fedele di ciò che ho visto e sentito; altri più bravi di me verranno a renderla completa, precisa e splendente, ma per me la letteratura del Sesto grado penso che abbia cominciato in questa notte e con queste note a trovar forma - sia pur disadorna e disordinata. Penso, presumo che sia la prima volta da noi che all'infuori delle pubblicazioni specializzate si offra il racconto d'una scalata d'ordine estremo, anche se incompiuta.
Per portarci sotto la parete dove i tre erano rimasti bloccati ci siamo fatto luce con la lanterna tra lo sfasciume dei sassi, ed ora eccoci sotto la muraglia, dove trecento metri in alto i tre stanno aggrappati come le rondini sul cornicione d'una casa.
- Siamo tutti bagnati - rispondono.
Un dialogo straordinario s'intreccia dal basso del ghiaione all'alto della muraglia, fra la milanese dal corpetto rosso e la bolzanina dalla pelle arsa dal sole e dal vento di tutte le Dolomiti, dal cespo bruno dei capelli sugli occhi chiari come l'acque del suo Isarco.
- Paula!
- Mary.
- Come la va?
- Benissimo.
- Hai fatto il bagno?
- Mai lavata come oggi.
- E il morale?
- Altissimo.
Sempre più spessi e pesanti il silenzio e l'oscurità, ci avvolgono, noi che siamo in basso, quelli che stanno lassù. Dalla parete cade a stillicidio l'ultimo residuo della pioggia. Dalla "Punta Emma" si stacca un sasso, sveglia l'eco della valle, poi sta. Alla destra, la "Torre Winkler" saetta contro il cielo il suo profilo tagliente come la lama d'un rasoio; sul suo capo, a mo' di diadema l'incoronano le cinque stelle del Carro. Di vivo non c'è che il tremolio della lanterna posata sulle pietre.
- Cantiamo, gli terremo su lo spirito.
Le nostre voci salgono, arrivano ai nostri amici lassù. Il terribile nemico di chi bivacca, l'isolamento, almeno questa volta non prevarrà. Forse più tardi, il gelo, la stanchezza, chissà... Ma canta.
Un'ora, due ore. La terra gira, gli astri continuano la loro eterna passeggiata nel cielo. Adesso, la Winkler non ha più la corona sul capo: una stella sola, lucentissima, le brilla in fronte sulla cuspide terminale. Ma per poco, ché le nubi ritornano, coprono ogni cosa di luce riflessa.
- Come la va?
- Sempre bene - la voce risponde dall'alto.
La lanterna s'è spenta. Tutto è nero, nero assoluto attorno e sopra di noi; non si riesce a vedere dove la parete comincia a levarsi dai ghiaioni né dove finisce.
E' allora che nella notte ci sembra di sentire inaspettato levarsi un canto. Da dove giunge, non decifriamo. Ma c'è. Riempie l'aria, viene da ogni parte, da chissà quale misterioso recesso del fatato regno di Laurino. Forse scende dalla forcella di Davòi dove, si dice, le strie del Masaré si radunano le notti senza luna, oppure dal lago di Carezza, chissà quanto scure stasera le sue acque sotto il fremito dei vecchi larici. Oppure rimbalza dai dentellati dirupi di Larsèc dal fianco opposto della valle. O è il lamento dell'infelice Conturina che nelle veglie sconsolate per la partenza del suo amore ancora si alza, dicono, dal deserto sassoso d'Ombretta sotto la Marmolada.
Non è un brontolio, duro e stizzoso; dunque non è il Tita Piaz che sogna nel suo giaciglio al rifugio; questo è il canto delle Dolomiti, le Dolomiti che cullano e confortano e incantano chi gli vuol bene, e solo per questo hanno il privilegio d'intenderne la voce, la musica arcana che scaturisce dai monti che ci circondano.
Una delle voci che cantano è maschia, grave, da basso. Sta a vedere ch'è l'Antelao, massiccio e possente e regale non c'è che lui. E quest'altra, sottile e argentina, deve venire da una guglia, che certo porta un nome femminile. La Emma? Ma no, che il Tita, satanicamente ghignando mi ha detto che la donna a cui dedicò quella vergine cima era la sguattera del rifugio, e le mancavano tre denti davanti. Allora, dev'essere il campanile Olga o il campanile Pia, laggiù lontano nelle Marmarole care al Vecellio; così li battezzò quando ci salì pel primo più di vent'anni fa lo spinoso signor Piaz, dandogli il nome delle sue figliole.
Macché, ora riconosciamo le voci. Sono di Hans e della sua ragazza. Sono essi che cantano, hanno intonato l'orgogliosa canzone dei rocciatori monachesi:
«Stolze Zinnen zu gewinnen...
«Superbe cime, per vincere voi e le rocce e i ghiacciai siamo venuti a fronte alta. Per creste e pareti noi saliamo, con la nostra gioia vasta quanto il mondo. Salve, monti! Berg heil! Se qualche appiglio è malsicuro, che importa? Per salire basta il nostro ardire».
Poi la voce si tace, arrochita. Hanno gli abiti fradici, lassù. La corda che li tiene legati s'è indurita, e li stringe forte. La testa gli pesa, gli occhi si chiudono. Reagire devono, resistere fino a che il sole risorga. Lo spirito è più che mai vivo, anche se la carne è stanca. Da quindici ore sono in parete. Come trascorre lento, il tempo del bivacco. Meno dura, fu la notte che l'anno scorso pure legati ai chiodi passarono sulla Cima Una di Sesto, quando aprirono la prima via di sesto grado sulle Dolomiti dopo la Civetta di Solleder. L'ultima sigaretta è stata fumata, passata da una bocca all'altra dei tre. Fred trema pel freddo. Paula ha le mascelle contratte, non canta più. Steger li tiene abbracciati, come a proteggerli, sono i suoi fratelli minori, lui è il primo di cordata, lui è il capo.
Poi, anche quel martirio ha fine. Dopo che l'ultima Panzone ha echeggiato dal basso a ricordare l'allegria dei vecchi soldà al segnale di sveglia al quartiere, ecco laggiù ad Oriente una strisciolina sottile spuntare da dietro la Marmolada; eccola che s'ingrandisce, scavalca il ghiacciaio, s'arrotonda, ed erompe verso il cielo con cento zampilli di fuoco. Il primo sole viene a battere sulla parete ad illuminare quel nido d'aquile.
I tre scendono a corde doppie. La partita è rimandata, non perduta. Ieri, martedì, sono tornati all'assalto, e sono riusciti. Gli s'era aggiunto un amico di Hans, viene da Garmisch, si chiama Sigmund Lechner. Il tempo s'è mantenuto bello per tutta la giornata; in vetta sono usciti che già s'era fatto scuro, e lassù hanno passato la notte, ben diversa da quella a metà parete. Così, la cordata Steger, Wiesinger, Masé-Dari, Lechner ha aperto la via direttissima sulla Est del Catinaccio. Stamattina, quando gli sono andato incontro dal versante opposto e li ho abbracciati, alla mia domanda Hans ha risposto:
- Sì, estremamente difficile, sesto grado."

Pubblicazioni

Questa relazione è stata inserita nella guida ARRAMPICARE Dolomiti nord-occidentali vol.1 edita da ViviDolomiti.
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Luca sul diedro giallo del secondo tiro

Inizio della terza lunghezza

   

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Salendo la fessura della quinta lunghezza

L'inizio del profondo camino dell'ottavo tiro

   

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Claudia nel camino

Strapiombetto finale all'uscita del camino
   
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La placca della dodicesima lunghezza

Bella placca esposta nel quindicesimo tiro

   

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 Claudia sul sedicesimo tiro

Il camino finale della diciassettesima lunghezza

   

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Claudia, Luca e Matteo in vetta al Catinaccio

L'immensa parete est del Catinaccio con i tracciati delle vie:
Placcomania, Diretta Steger e Leviti/Nemela.
Indicata la forcella dove iniziano le calate in corda doppia

   
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