Monte Agner - Spigolo Nord (via Gilberti/Soravito)

Zona montuosa Pale di San Martino Località di partenza Taibon di Agordo (BL)
Quota partenza 816 Mt. Quota di arrivo 2872 Mt.
Dislivello totale +450 Mt. circa per l'attacco
+1606 Mt. dall'attacco alla vetta
(1620 lo sviluppo +200 di roccette x la vetta)
Sentieri utilizzati n. 771
Ore di salita 1 h. 45' per l'attacco
20 h. circa la via (effettive di arrampicata)
Ore di discesa 30' dalla vetta al bivacco Biasin
2 h. dal bivacco al rifugio
4 h. dal rifugio alla macchina
Esposizione Nord-est la prima parte dello zoccolo;
nord, nord-ovest il resto della via
Giudizio sull'ascensione Bella
Data di uscita 07-09/07/2007 Difficoltà IV+, V+
Sass Balòss presenti
Luca, Bertoldo.
Condizioni climatiche, dei sentieri e della roccia

Sia il sentiero per l'attacco che quello di discesa sono evidenti. La prima parte della salita si svolge tra mughi e roccia non sempre buona, la seconda invece presenta roccia ottima. Il tempo è stato perfetto il primo giorno e il sole non è mancato, anche le temperature della notte sono state piuttosto alte e ci hanno consentito di riposare senza patire freddo. Durante il pomeriggio del secondo giorno il meteo è stato meno clemente regalandoci piccoli chicchi di ghiaccio a circa 200 metri della vetta. Anche durante il terzo giorno, ovvero quello dedicato alla discesa il tempo è stato un poco pazzerello, nuvole basse si alternavano in continuazione con piccoli raggi di sole. Arrivati alla macchina si è scatenato l'inferno e ha iniziato a piovere a dirotto.

Eventuali pericoli
I pericoli che si possono incontrare sono quelli tradizionali dell'arrampicata. E' da tener presente che si è in alta montagna, la via è molto lunga ed il tempo può cambiare molto rapidamente come è successo a noi. Occorre non dimenticare che è praticamente impossibile tornare indietro in corda doppia se non con dispendio di molto materiale e molto tempo.
Presenza di acqua

Sulla cengia anulare sotto la vetta abbiamo trovato ancora qualche lingua di neve dalla quale ricavare un po' d'acqua di fusione.
Ovviamente si trova acqua anche al rifugio Scarpa.
Tornando alla macchina si passa per piccole frazioni o borgate che generalmente hanno una o più fontane.

Punti di appoggio
Bivacco Cozzolino (1350 Mt.), bivacco Biasin (2650 Mt.), rifugio Scarpa (1735 Mt.).
Materiale necessario oltre al tradizionale

Portare cibo e molta acqua perché l'arrampicata è lunga e interminabile. Portatevi inoltre tutto l'occorrente per proteggervi da eventuali temporali e forti venti e tutto quanto può essere fondamentale per un bivacco a cielo aperto. Portare friends di diverse misure e qualche cordino. Si può tranquillamente fare a meno di chiodi e martello.

Caratteristiche dell'arrampicata

Descrizione generale
Sicuramente si tratta di una delle vie più famose di tutte l'arco alpino e questa fama è certamente dovuta al fatto che si tratta della via più lunga delle dolomiti. Dal parcheggio, guardando in direzione dell'Agner, si denota subito l'evidente linea di salita che corre lungo tutto il suo spigolo (anche se in realtà l'arrampicata si svolge quasi sempre fuori dalla direttiva dello spigolo vero e proprio). La via fu aperta da Celso Gilberti e Oscar Soravito il 19 agosto 1932 dopo numerosi tentativi di valorosi alpinisti. Chi percorre i 1620 metri di sviluppo generalmente prevede un bivacco in parete spezzando così la salita in due giorni. La prima parte dell'arrampicata (ovvero quella del primo giorno) si svolge tra roccia non sempre buona e spesso si è costretti a lottare con pini mughi che perdono resina in continuazione. La seconda parte ripaga la fatica affrontata il giorno precedente e regala un'arrampicata in massima esposizione su roccia che varia da buona a ottima. La via è poco chiodata; occorre quindi mettere in conto che è da escludere un retro-front.
Primo giorno (sabato 7 luglio):
Attacco, descrizione della via

Da Agordo imboccare la strada statale n. 203 in direzione di Cencenighe. Raggiunta la frazione di Taibon svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per la Valle di San Lucano. Entrati nella valle si segue per Col di Pra ma si parcheggia circa 2 Km. prima quando sulla sinistra s'incontrano le ben visibili indicazioni per il bivacco Cozzolino.
Seguire l'ampia traccia che attraversa il torrente Tegnas; dopodiché il sentiero diviene una piccola traccia che sale ripidamente in direzione della parete nord del monte Agner. Ad un certo punto, quasi al cospetto della parete il sentiero si biforca (una palina evidente v'indicherà la corretta via). A destra il sentiero sale un ghiaione che porta il nome di "Van del Piz" mentre occorre deviare a sinistra sino ad entrare in un altro ghiaione, che porta il nome di "Van de Mez", che divide il monte Agner dallo Spiz d'Agner e dove si trova anche il Bivacco Cozzolino (che non dovrete raggiungere). Dopo aver oltrepassato qualche metro di corde fisse il sentiero prosegue nel bosco e ne riesce poco dopo al cospetto di una parete. L'evidente traccia prosegue verso sinistra costeggiando tutta la parete, ma se si guarda a destra una piccola traccia avanza in direzione di un torrione staccato dalla parete. L'attacco è posto pochi metri prima di questo torrione, in corrispondenza di un diedro verticale ricco d'erba. Una freccia rossa verso l'alto e un ometto alla base del diedro vi daranno la certezza dell'attacco.

Data la lunghezza della via i tiri non verranno numerati come è nostro solito fare, faremo solo una descrizione generale.

1°-2°-3°-4° tiro:
si procede su roccia non sempre solida mista ad erba e pini mughi. Si trovano tutte le soste attrezzate con 2 chiodi uniti da cordone, tranne la S4 che è su radice di mugo. Circa 130 Mt., II, III e IV, 1 solo chiodo di passaggio.

5° tiro:
si sale su sfasciumi obliquando inizialmente a destra e poi a sinistra fin sotto ad una paretina verticale dove si trova la sosta (chiodi).
30 Mt., I.

6° tiro:
si sale la paretina spostandosi, verso la fine, leggermente a destra. Poi per sfasciumi si raggiungono degli spuntoni sui quali attrezzare la sosta. 30 Mt., IV+.

7°-8°-9° tiro:
per rocce rotte e con mughi si sale a sinistra della sosta. Poi si punta ad una grossa conifera ormai secca sulla quale si attrezza la S8. Si continua a seguire le tracce di passaggio obliquando a destra. Sosta da attrezzare (mughi). Circa 150 Mt., III, IV-.

A questo punto ci si può anche slegare e calzare le scarpe. Si passa attraverso i mughi fino al cospetto di una parete (si vede una clessidra con cordino), la si supera seguendo il sentiero verso sinistra. Poi si torna un po' a destra e, superato un salto roccioso
(3 Mt., III) si arriva sullo spallone coperto da fitti mughi attraverso i quali ci si fa faticosamente largo. Si procede ora sul filo sinistro dello spigolo che forma quasi una cresta fino a quando, abbassandosi un metro, si passa sul suo lato destro (passo esposto ma semplice). Si risale fino ad un terrazzino dove si può attrezzare la sosta (radici di un mugo). Circa 200 Mt., I, II, 1 passo III.

10°-11° tiro:
primi metri in un camino-fessura, poi si obliqua a sinistra fino ad una selletta tornando sul lato sinistro dello spigolo. Si sale  per rocce semplici tornando di nuovo sul filo dello spigolo dove si sosta (spuntoni). Circa 80 Mt., IV, III.

12° tiro:
si sale in cima ad un pilastrino e poi si scende dal lato opposto per circa 10-15 Mt. fin nel canale dove si attrezza la sosta. 30 Mt., III.

13° tiro:
ci si porta alla base di una breve paretina appena a destra del filo dello spigolo. Circa 30 Mt., II, I.

14°-15° tiro:
si supera la paretina e subito dopo si obliqua a sinistra. Si riprende a salire in verticale su roccia più scadente che poi migliora nuovamente fino a sostare su mughi non molto lontano dal successivo salto roccioso. Dopo la paretina le difficoltà iniziano progressivamente a calare. Circa 100 Mt., V, IV, III.

16° tiro:
piccolo passo iniziale in strapiombo, poi si traversa a destra circa 5 metri e si riprende a salire obliquando leggermente a sinistra. Sosta da attrezzare (mughi). 40 Mt., 2/3 chiodi, V.

17°-18° tiro:
si punta alla grande cengia soprastante. Inizialmente attraverso mughi e sfasciumi, poi per buona roccia ma mai difficile.
Circa 100 Mt, II, III, IV.

Si giunge così alla cengia con ottimi posti per il bivacco (circa 6 comodi posti, 1770 Mt.). Sopra la cengia lo spigolo s'innalza verso in cielo con un profondo camino dove corre una difficile variante che porta in nome di "Variante dei Triestini".
Secondo giorno (domenica 8 luglio):
Si sale sulle rocce con detriti fin dove la parete dello spigolo torna ad essere molto verticale e sale la Variante dei Triestini. Si traversa a destra in direzione del grande canale, superandone prima un altro più piccolo. Passi non difficili ma esposti e su roccia sporca di detriti. Raggiunto il bordo dello spigolo si sale nel canale un po' di metri fino a quando si fa ripido e la progressione diventa più difficile. Attrezzare una sosta. Circa 80 Mt. dalla cengia.

19°-20°-21°-22° tiro:
si procede nel canale-rampa stando attenti a non andare troppo a sinistra fino a quando è possibile sostare su una comoda terrazza. Qui il camino-rampa piega decisamente a sinistra verso un'evidente intaglio sul filo dello spigolo. Si sosta (1 chiodo da integrare con friend). Circa 160 Mt., 2 chiodi di passaggio.

23° tiro:
si sale il canale-rampa puntando all'intaglio sul filo dello spigolo. Pochi metri sopra l'intaglio, in una piccola nicchia, si sosta (2 chiodi).
35 Mt., IV, IV+.

24°-25°-26°-27°-28° tiro:
per rocce più semplici, e a tratti molto abbattute, si punta alla base dell'ultimo salto verticale dello spigolo dove corrono i tiri più impegnativi della via. Soste tutte da attrezzare tranne l'ultima. Giunti alla base della parete terminale non si usa la sosta a 2 chiodi posti proprio sul filo dello spigolo, ma si traversa circa 8 metri a destra fino ad una piccola nicchia (3 chiodi).
Circa 180 Mt., dal II al IV+, 2/3 chiodi di passaggio in L28 che risulta il più impegnativo di questi cinque.

29° tiro:
salire lungo la fessura a sinistra della sosta, dopodiché traversare verso destra alla base di un'altra fessura molto verticale che si segue sino al suo termine uscendo su di un pulpito. Allungare bene le protezioni.
50 Mt., IV+ sostenuto, 1 dado incastrato, 1 fettuccia arancione (visibile già nei tiri precedenti), 4/5 chiodi.

30° tiro:
tiro chiave della via. Si è di fronte ad una placca molto compatta sulla quale si notano dei chiodi e cordini per azzeramento... E' una variante che è meglio non percorrere (come abbiamo invece fatto noi). Dalla sosta ci si sposta a destra aggirando uno spigolino. Qui c'è una fessura-diedro verticale ben chiodata (alcuni chiodi insicuri ed 1 cuneo). Salirla sino a raggiungere la sosta.
30 Mt., V+, VI-, numerosi chiodi.

31° tiro:
si prosegue seguendo la fessura. Dopo aver superato un passo strapiombante si continua ancora in fessura per circa 8-10 metri per uscire poi a sinistra su placca verticale ma ben lavorata. Si raggiunge una piccola cengia sulla quale si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV+, V+, 2 chiodi.

32° tiro:
si traversa pochi metri a destra fino ad imboccare un diedro molto verticale al termine del quali si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV+, 2 chiodi.

33° tiro:
si superano le rocce sulla destra, poi per terreno più semplice si raggiunge una comoda cengia dove si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV, III.

34° tiro:
spostarsi circa 4 metri a destra e salire la fessurina verticale per circa una decina di metri. Poi traversare un paio di metri a destra e vincere lo strapiombino raggiungendo la sosta (2 chiodi+cordone) poco più a destra. 25 Mt., IV+, V, V+, 5/6 chiodi.

35° tiro:
superare la soprastante placchetta strapiombante, poi si entra in un diedro di alcuni metri al termine del quale terminano anche le difficoltà della via. Si obliqua a sinistra fino ad uscire nuovamente sullo spigolo dove si attrezza una sosta (spuntone).
50 Mt., V+, IV, III, 3 chiodi (1 molto insicuro).

Le difficoltà sono terminate e per raggiungere la terrazza detritica sotto la vetta occorre salire circa 150 Mt. di facili ma esposte roccette di II e III. Il percorso non è obbligato, comunque si punta ad oltrepassare il canale dove risulta più comodo e proseguire poi sulle rocce più semplici a sinistra dello stesso. Obliquando poi verso destra si raggiunge la base della terrazza. Continuando verso destra (sempre viso a monte) si raggiunge il bordo della terrazza dove si trovano le indicazioni per il bivacco Biasin (circa 15 minuti) o per la vetta. In entrambe le direzioni dei cavi di ferro facilitano alcuni passaggi. Noi siamo scesi al bivacco dove abbiamo pernottato.
Terzo giorno (lunedì 9 luglio):
Discesa
Nei pressi del bivacco Biasin s'incontrano delle scritte rosse "Col di Prà". Questo è un sentiero percorso da qualche cacciatore e si presenta insidioso, scomodo, incerto e molto pericoloso. E' molto meglio scendere verso il rifugio Scarpa utilizzando la ferrata che corre lungo il canalone che divide l'Agner dal Lastei d'Agner oppure seguire la via Normale. Questi due itinerari hanno la prima parte della discesa in comune. Raggiunto il rifugio si segue il sentiero n. 771 che costeggia la seggiovia e che conduce alla frazione di Fressanè. Da qui camminando lungo strade comunali si scende sino ad Agordo e Taibon, dopodiché si risale la Valle di San Lucano. L'autostop potrebbe esservi notevolmente d'aiuto, ma noi sfortunatamente non siamo riusciti a godere a lungo di tale privilegio e ci siamo percorsi a piedi una quindicina di Km. sui circa 20 totali.

Note
Bertoldo in seguito alla ripetizione ha scritto il racconto "Ventanas".
Commenti vari
«Passo due settimane senza combinare niente di nuovo. Intanto un nuovo sogno sta prendendo forma: lo spigolo nord dell'Agner. Non possiedo alcuna relazione della via, tuttavia ho una foto della parete con il tracciato della salita: Via Gilberti/Soravito.
Finché un giorno mi ritrovo chiuso nella mia 500, carica di tutto il materiale, in viaggio verso Agordo. Dai vetri della vettura guardo con occhio corrucciato l'accavallarsi minaccioso delle nubi. Non passa molto, che il cielo manda la sua umida benedizione sulle montagne. Alla quale io oppongo ogni maledizione all'indirizzo di tale indiscreto comportamento.
All'imbocco della Valle di San Lucano riconosco il profilo del mio spigolo, il quale, a dire il vero, non sembra un granché, specie nella parte centrale. Di tutt'altra paste sembra fatto il tratto finale, che si butta contro il cielo con slancio vertiginoso, per scomparire nelle nubi che soffocano la vetta. Fa impressione l'enormità di questa montagna. Il maltempo insiste nella sua politica con una tenacia degna di miglior causa. Mi sento scoraggiato, tuttavia non desisto nella mia speranza e continuo a studiarmi la via. Lo zoccolo mi appare subito come un affare mal combinato e poco allegro, impastato d'erba com'è. Ho il brutto presentimento che riuscirà a rovinare tutto. [...]
Verso sera il tempo si mette definitivamente al bello, preparandosi a una notte tranquilla. Mentre mi sistemo per dormire, il sole accende di un unico rogo le cime circostanti. Raccontare come si può passare la notte in una macchina di dimensioni un tantino ridotte, può anche non essere interessante; dirò solo che ho sbuffato e ruggito parecchio.
Alle cinque e un quarto esco dal mio impossibile letto. Dopo una breve colazione, afferro lo zaino già pronto e mi avvio verso lo zoccolo. Come previsto, esso si presenta verticale ed estremamente pericoloso. Provo un timido approccio, ma dopo nemmeno quindici metri sono costretto a ridiscendere. Continuare in queste condizioni equivarrebbe a un suicidio. Roccia bagnata, erba, fango. Una vera porcheria! Mi porto allora verso sinistra sino ad imboccare un canale molto ripido che porta ad una forcelletta. qui studio la situazione. Senonchè c'è ben poco da studiare, finché quassù la musica non vuole cambiare. Dovunque rocce quasi verticali e una quantità incredibile di erba.
Non so più che pesci pigliare, preferisco rinunciare alla salita piuttosto che ammazzarmi a causa dell'erba. Prima di abbandonare la partita però, voglio dare un'occhiata verso la parete nord. L'idea si rivela saggia e mi permette di raggiungere poco più in là una zona di rocce più malleabili, lungo le quali riesco a superare la zona proibita. In poco più di un'ora dall'attacco, dopo aspra lotta coi mughi, mi ritrovo ad aver vinto lo zoccolo.
Proseguo di buona lena fin sotto un salto verticale dove riprendo un po' fiato. Mentre mi scolo tranquillamente una birra, sbircio con la coda dell'occhio il passaggio che mi attende. Oggi mi sento un leone, tuttavia preferisco affrontare l'ostacolo senza zaino, recuperandolo poi dal si sopra. Riprendo la salita [...]
Supero ancora una serie di rocce poco impegnative, fino a battere il naso sotto uno strapiombo, dove incontro finalmente il primo chiodo della via. Si presenta vecchio e arrugginito, ma sempre utile per farmi passare al di sopra dell'ostacolo. Piccolo intermezzo ricco di colorite espressioni: lo zaino s'incastra. Traffico un po', per disincagliarlo finché, con il permesso del Signore, posso riprender il viaggio. Un ultimo tratto di media difficoltà prelude alla battaglia finale.
E' fatta. Ora devo mettermi seriamente. Si apre un diedro, nel quale fanno capolino due chiodi. Estraggo dal sacco il resto del materiale, mi lego e getto la corda nel vuoto. Con delicata traversata mi porto sotto uno strapiombo che supero senza esitazione, infilando una serie di passaggi di V grado. Si disegna una fessura irta di chiodi. Salgo tranquillo, senza alcun bisogno di assicurarmi, sopra un salto di mille metri. Roba da manicomio!
Arrivo ad una spalla, dove mi attende una sorpresa non molto gradevole: il muro si presenta levigato come il vetro. Solo un miracolo mi potrebbe dare la capacità di salire. Mi sposto di qualche metro a destra ed eccolo il miracolo: una fessura-diedro incisa lungo l'intera parete liscia.
C'è in aria odor di lotta, quindi cerco di tirare un po' il fiato. Ne approfitto per dar fondo alle ultime riserve di liquido, giacché da qualche tempo mi sento la gola inaridita. il tempo intanto ha ceduto alle sue antiche e pessime abitudini, e brontolando e oscurandosi in volto, comincia a lacrimare senza alcun ritegno. Non sarà certo un briciolo di pioggia a sconcertarmi. Oggi niente mi può turbare, tanto più che la birra che tengo tra le mani è l'ultima e quindi ho il diritto di scolarmela in santa pace. [...]
Poi attacco la discesa, lunghissima, che finisce con ridurmi un gencio. Dio solo sa quanto ho dovuto camminare prima di toccare l'asfalto di Frassenè. Sono ormai le venti quando dirigo i miei passi stanchi in direzione di Agordo. Qualcuno mi da un passaggio per tre chilometri, ma la strada che porta in Val San Lucano resta sempre interminabile [...].»

(Angelo Ursella mentre descrive la solitaria sullo Spigolo Nord dell'Agner nel libro "Il Ragazzo di Buia" edito da CDA-Vivalda).
   

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La palina sul sentiero di avvicinamento

Bertoldo sulle corde fisse durante l'avvicinamento

   

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Il torrione nei pressi dell'attacco

Un raponzolo

 

 

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La S8 sull'evidente conifera secca

Bertoldo in cima al pilastrino del dodicesimo tiro

   

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Sulla cengia del bivacco

Luca all'inizio del ventiquattresimo tiro

   
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Il Monte Agner con il tracciato, abbastanza indicativo, dell'interminabile Spigolo Nord.
Fotografia di Massimo Esposito, tracciato Sassbaloss